domenica 10 marzo 2024

La gente è svagata. Ma svagata forte.

Alle 2.30, in piena operazione notturna, arriva una telefonata con inconfondibile prefisso internazionale:

«Hotel ***** buonasera, sono marcello, come posso esserle utile?»

«Buonasera… parla inglese?» recita una titubante voce in tale lingua.

«Certamente, come posso aiutarla?»

«Volevo controllare la mia prenotazione»

«Certamente, vediamo subito. Mi dica a che nome è e la data d’arrivo»

Il cliente mi dice il nome e la data. Rapido controllo sul gestionale alberghiero ma non la trovo.

«Non la trovo, è sicuro della data? Ha prenotato sotto un altro nome?»

«No, sono sicuro»

«Attenda un attimo, per favore, controllo le pratiche cartacee»

Abbasso la cornetta a mi fiondo all’archivio del retro. Estraggo tutte le pratiche del giorno -in Aprile- e comincio a spulciare, sia delle confermate che delle cancellate, giusto per essere sicuro. Ma non a trovo. Riprendo la cornetta.

«Signore, mi spiace, ma non riesco a trovare la sua prenotazione»

«Ecco…. In realtà non ricordo in quale hotel ho prenotato, quindi faccio delle telefonate per… cercarlo…»

….

«Ehm…. Signore, è vero che qui a Firenze, di alberghi di questa categoria, non ce ne sono molti, ma sarà una ricerca piuttosto lunga, se intende chiamarli tutti…»

«Ehhhhmm… si, lo so… eh eh eh»

«Comunque, le assicuro che, qui da noi, non ha prenotato»

«La ringrazio, è stato molto gentile, buona giornata»

«Buona giornata a lei e buona fortuna»

Riattacco.

Non posso non fare a meno di pensare che, come dicevo all’inizio, la gente è parecchio svagata. Costui aveva prenotato un albergo a Firenze per il mese prossimo, chiaramente includendo il volo intercontinentale e voli domestici europei, più eventuali altre strutture ricettive immagino, inserendo i dati della cc. E poi dimentica dove ha prenotato. Ma una mail? Boh.

Spero per lui che ritrovi l’hotel e si segni scrupolosamente tutto, date e luoghi.

Perché, altrimenti, credo che un collega notturno, qui a Firenze, il prossimo Aprile attenderà invano un cliente che non si presenterà, emettendo quindi una fattura pagata come “no show”.

sabato 3 febbraio 2024

 

😲-Ma cos...

😻-Meow!!! Odore di salsicce!

😠-SPARISCI SUBITO!

😽-Purr purr, bello il mio bipede! Ti voglio bene, puuuuurrrrrr... assaggino!

😠-Grrrr, mostriciattolo, io ti... ti...

😽-Eddai, sono carino e coccoloso!

😕-Solo ora!

😽-No, sempre. Puuuuurrrrr....

Gatto ruffiano. Non so perchè lo tengo ancora in questa casa.

Ma prima o poi, faccio uscire il vicentino che è in me e lo metto in padella 😈



sabato 27 gennaio 2024

Che te lo dico a fare?

Un vecchio classico del lavoro d’albergo: lo scherzo telefonico. Ma stavolta con un lieto fine.

Lieto fine per il portiere.

Poco dopo aver iniziato il turno, arriva questa telefonata.

Primi due enormi, giganteschi, stratosferici indizi che sia uno scherzo: arriva da fuori. Non è una chiamata interna, fatta con il telefono di servizio delle camere. Arriva proprio dall’esterno. Ma soprattutto, è un numero anonimo.

Giovani Jedi, credono di infinocchiarmi così. Non hanno sufficiente fede nella forza. Anzi, nello sforzo.

«Hotel ****** sono marcello, buonasera, come posso esserle utile»

«Senta, mi fa portare una bottiglietta d’acqua alla camera xyz?»

«Ma certamente signora, arriva subito»

«Grazie»

Riattacco a questa voce italiana, femminile e particolarmente giovane, probabilmente adolescente. E vabbè, so’ ragazzi. Si divertono così.

Giusto per scrupolo, dò una controllata: la camera in questione è vuota e l’unica occupata, a quel piano, è alcuni numeri più in là, peraltro da americani. Ma non avrei comunque fatto arrivare nessuna bottiglia d’acqua: se un cliente chiede un servizio, deve chiamare dal telefono interno.

Rimango però vigile, mentre continuo a svolgere, diligentemente, il lavoro notturno.

Ed ecco che, dopo qualche minuto, arriva una nuova chiamata esterna. Sempre numero anonimo. Stavolta non faccio a tempo a pronunciare la formuletta classica, che la voce dall’altra parte, piuttosto piccata, esordisce così:

«Senta, ma la mia bottiglietta d’acqua?»

«Mi scusi moltissimo, signora, arriva subito. Rimanga un momento in attesa»

Stavolta abbasso la cornetta ma non la riattacco. La poso semplicemente sul bancone. E riprendo a svolgere il mio lavoro come se niente fosse. Passano almeno dieci minuti buoni fino a che non controllo il display del centralino: la chiamata è ancora attiva.

La ragazza è ancora lì che aspetta. Probabilmente lei e qualche complice sperano che il portiere dia in escandescenza urlando parolacce da riportare sui social.

Riprendo la cornetta.

«Signora, mi scusi. È ancora in attesa?»

«Eh si!»

«Bravissima! Ci resti ancora un po', per favore»

E riabbasso la cornetta. Ma stavolta la ragazza capisce che l’ho sgamata e riattacca.

Non puoi farcela con me, giovane scherzona. Tu non puoi passare (cit.)

domenica 31 dicembre 2023

Voglio fare gli auguri di buon anno.

Li voglio fare a tutti quelli che, come il sottoscritto, lavorano in albergo, nelle strutture ricettive. I grandi alberghi, i B&B, i motel.

Auguri alle cameriere, che svolgono un lavoro duro, pesante, faticoso. Con camere ridotte a immondezzai da gente che l’avrà pure pagata, ma perché imbrattarla o riempirla di spazzatura o lordare ovunque? E queste colleghe che si danno da fare a igienizzare bagni e rifare letti per finire il turno distrutte dalla stanchezza con paghe veramente misere (che poi, da dove viene questa cosa per cui solo le donne rifanno le camere? Anche noi maschietti siamo capaci)

Auguri a facchini e manutentori, che devono pulire le zone comuni e buttare chili di spazzatura, oltre che effettuare le piccole riparazioni, imbiancature, tutte quelle piccole attenzioni necessarie.

Auguri al personale di sala. Quelli delle colazioni, che devono alzarsi molto presto per fare apertura, e poi devono continuamente rifornire il buffet per soddisfare uno sciame di cavallette. Che spesso prende chili di roba che poi lascia nel piatto, cibo sprecato solo perché si può prendere liberamente. Auguri a quelli del ristorante, per gli alberghi che lo hanno. E quindi anche ai cuochi, aiuto-cuochi, lavapiatti e inservienti vari. Che oltre a preparare pietanze devono anche fare attenzione all’igiene e alla pulizia della cucina.

Auguri al personale del ricevimento, che fanno capo a tutto l’albergo e devono gestire prenotazioni, contare incassi e a volte accogliendo clienti che spesso fanno richieste strambe o lamentele gratuite, con atteggiamento musone e ostico.

Auguri a capiricevimento e direttori, che devono coordinare tutti questi reparti. Stabilire orari, venire incontro alle richieste di ferie o le malattie del personale, oltre a coprire turni, se necessario. E magari dare un po' di soddisfazione, se qualcuno fa bene il proprio dovere.

Auguri a caldaie, macchine dell’aria condizionata, ascensori, frigoriferi, macchine del caffè. Si, faccio gli auguri ai macchinari. Perché gli vogliamo bene e non sia mai che non se la prendano a male. Sono aggeggi permalosi, capaci di guastarsi il sabato alle 19, in un periodo di ponte. Non lo fate, ve ne prego. Funzionate sempre.

Ma soprattutto auguri ai miei colleghi pipistrelli, i notturni. Quelli come me che, essendo in un posto con il ristorante, brinderò con i colleghi, ma non posso dimenticare che per vent’anni ho lavorato in una struttura dove il notturno è solo. L’unico dipendente della ditta, l’unico responsabile in turno. Che neanche fa troppo caso al tempo che scorre e si accorge della mezzanotte solo quando i botti all’esterno aumentano d’intensità.

Che si possano sempre trovare clienti simpatici e sorridenti. Quelli per cui vale la pena di fare questo lavoro.

Oltre al vile denaro, naturalmente.

domenica 17 dicembre 2023

Non è una cosa facile, da spiegare. Si rischiano critiche immense, me ne rendo conto. Ma sono eventi che capitano, a lavorare di notte. E quando ci si trova di fronte a certi fatti, certi eventi, certe persone, non si sa mai come comportarsi, come reagire. Ci si perplime, e spesso l’atteggiamento non è dei più consoni.

Verso le 2, qualcuno cerca di entrare, sbatacchiando le porte chiuse a chiave. Accorro, giro la chiave e apro.

Mi trovo davanti un senzatetto. Un “barbone”, per usare un termine politicamente scorretto.

Avendo subito, in passato, aggressioni, ho sempre un gran timore di chi è abbigliato “male in arnese”, come direbbero su Feudalesimo e Libertà. Costui ha dei vestiti raccattati direttamente da una discarica e che l’ultima volta che sono stati sottoposti a lavaggio c’erano ancora le lire.

Mi supplica di farlo entrare a dormire, ma dovrebbe essere palese che posso rispondere solo con un no. Tutti si prendono un no, se chiedono di entrare nottetempo in un albergo, perché non bisogna fidarsi di nessuno. Mai.

Come gli dico che non può entrare, lui alza la voce. E questo mi spaventa. Non vorrà mica tentare di entrare con la forza? Non avrebbe molti problemi, la mia capacità di resistenza è particolarmente bassa, mi stendono le figlie e lo fanno da quando hanno smesso di gattonare. Figuriamoci questo tipo che è decisamente più alto e, soprattutto, alterato. Ha deciso di diventare un mio problema e niente e nessuno gli farà cambiare idea.

Il suo modo di essere un problema, per uno sconosciuto portiere notturno, è mettersi a dormire sul tappetino dell’ingresso.

Dire che sono costernato è poco. Mi chiedo disperatamente cosa ho fatto di così grave, nella vita, per meritarmi ciò. È ovvio che la sua presenza lì, davanti alla porta, è qualcosa che devo risolvere. Provo, semplicemente, a dirglielo.

Mi urla, da terra, che sta male e di chiamargli un’ambulanza. Non me lo faccio ripetere due volte e corro al telefono a chiamare. E' l'unica cosa che posso fare, per aiutarlo. Perchè è palesemente in condizioni penose.

I soccorsi arrivano celermente e gli operatori, con estremo tatto, si avvicinano tranquillizzandolo che sono lì per aiutarlo. Lentamente si alza e si fa accompagnare sul mezzo, che lo porta via. Nel frattempo, mentre era disteso sul tappetino, si era anche bagnato addosso. Pazienza per il tappetino d'ingresso, che noi dell'albergo laviamo subito, ma mi spiace per gli addetti dell'ambulanza e del pronto soccorso, che hanno a che fare con questo tipo di persone e con tutte le difficoltà che ciò comporta. Tutto quello che posso dirgli è: non smetterò mai di stimarvi, per quello che fate. Per il vostro lavoro. Per la vostra pazienza. Per il vostro enorme, gigantesco, stratosferico impegno.

Al senzatetto invece mi sento solo di dirgli mi dispiace. Ma non potevo fare nient'altro.

Sono solo un povero portiere di notte.

sabato 25 novembre 2023

In occasione dell'immancabile, puntalissima, irrefenabile maratona di Firenze e della meravigliosa disponibilità che indica "zeru camere" perchè abbiamo venduto tutto già da eoni a prezzi che rasentano il reato di concussione, riscriverò uno dei miei racconti più vecchi, nati dall'incredibile, assurda, pazzesca domanda rivoltami da una cliente argentina anni fa. E che stavolta riscriverò in italiano e non in spagnolo.

Lavoro in albergo, sono un portiere.
Mi piacerebbe poter dire: lavoro in una società calcistica, sono un portiere. Ma non è così. E comunque, anche lì, dipende sempre. Fosse la Fiorentina, ad esempio, potrei accettare un patto col diavolo. Fosse il povero Benevento lo sarei un po' meno. Ma tant'è, mi consolo pensando che la mia mancanza di talento calcistico è condivisa con un buon 99% della popolazione del pianeta, e malgrado ciò qualcuno gioca comunque nella massima serie. Un paio di miei amici giallorossi, ad esempio, pensano che sia molto meglio dell'indimenticabile Goicoechea. E nella mia modestia sono lieto di dire che si, hanno pienamente ragione.
L'albergo dove lavoro si trova nel centro di Firenze. Ci si può arrivare con l'auto ma è, eufemisticamente parlando, un casino. Bisogna stare attenti alle corsie preferenziali, alle telecamere che il comune pone entusiasticamente un po' ovunque, cessi compresi, alle stradine piccole e non percorribili, e malgrado ciò tanti non arrivano a capire che no, questa non è una città da auto. Ho avuto clienti che mi hanno chiesto come fare ad andare in auto dall'hotel agli Uffizi, come se avesse un parcheggio da Disneyland di Los Angeles, e che purtroppo non accettano la frase “Non è possibile”. Eppure siamo a 10 minuti 10 a piedi dai musei. Non comprendono che l'unica maniera per muoversi in auto qui è convincere il Dottore a farsi prestare il Tardis, andare indietro alla Firenze di 1500 anni fa e convincere l'assessore all'urbanistica di allora ad edificare strade a 4 corsie con relativi parcheggi. Non ci sono altre possibilità.
E tutto ciò senza tenere conto degli imprevisti, e non sto parlando di quelli del Monopoli. Mi riferisco alla coincidenza tra i clienti convinti che il mondo si muova intorno a loro e l'evento mondiale che tutto travolge. In quel caso otteniamo lo scontro di titani. E nel mezzo purtroppo c'è il portiere.
Un venerdì, turno di pomeriggio. Arrivo di clienti in auto. Auto ovviamente noleggiata, sono sudamericani. Scaricano i bagagli e si presentano al check-in. Come sempre, gli spiego le tariffe del garage con cui lavoriamo. Dico loro, piantina alla mano, che non hanno bisogno dell'auto per girare in città, ma loro insistono. Domenica prendiamo l'auto. Assolutamente.
Niente e nessuno gli farà cambiare idea.
Domenica.
Settembre del 490 a.c.
Un oplite, scansando centinaia di corpi di persiani in putrefazione, si presenta davanti al suo generale.
-Mi aveva fatto chiamare, generale Milziade?
-Ah, Filippide, eccoti qui. Senti 'n po', te c'hai campo?
-Come dice, generale?
-O che tu sei? Sordo? T'ho chiesto se tu c'hai campo. Qui e 'un si becca nulla, 'cidentamme e quando ho fatto i'contratto 'olla 'oppe voce.
-Ma... io... veramente...
-'Scorta, e c'ho da chiama' Atene e dinni 'he s'è vinto, ma 'un si piglia; c'ho bisogno tu mi ci vada te, via.
-Ma... generale... sono 42 chilometri e 195 metri!
-Tessaglia maiala, e lo so anch'io quanto c'è da qui ad Atene, ma tu ci devi andare, pohe storie! Piglia e parti, vai.
-Se proprio insiste...
-E insisto si, moviti! E ci 'orsa!
E così Filippide si sciroppò tutto di corsa fino ad Atene per dire che i greci avevano battuto i persiani a Maratona. 4-2.
Richiamo i clienti prima che salgano in camera.
Voi, domenica, non andate da nessuna parte.
Domenica, a Firenze, c'è la maratona. La città è off-limits. Imposible. Verboten. No way. できません .
Mi ci vuole una mezz'ora buona per fargli capire che il 90% delle strade è chiuso perchè ci corrono a piedi; devo pure aprire la pagina wikipedia alla voce “maratona” in più lingue, ma alla fine lo comprendono. Almeno così penso.
Illuso.
La signora fa per allontanarsi ma si blocca, ci ripensa un attimo e torna al bancone:
"Ma lei non può chiamare e chiedere che la facciano un altro giorno?"

mercoledì 22 novembre 2023

A me piace ricordare soprattutto i clienti scherzoni. In particolare se sono coppie affiatate e propense al gioco, alla battuta, allo scherzo appunto.

Scende le scale questa coppia americana, mezza età, ben vestiti e non i soliti “impigiamati” che capitano a certi orari notturni.

Lui, alto e massiccio, sta per pormi una domanda ma lei lo stoppa subito: “Silenzio!” se ne esce imperiosa. Al che lui, buono buono, si mette in disparte, con le braccia appoggiate sul bancone.

La signora mi presenta un bigliettino. Ci sono scritti sopra alcuni nomi di ristoranti. Lei punta il dito, lungo e affusolato, su uno di questi.

«Cosa c’è scritto qui?»

La calligrafia mi sembra ottima, ma evidentemente per loro non lo è. Pronuncio il nome.

Lui scoppia in una risata, lei ha un’espressione che passa dalla sorpresa al disappunto. È chiaro che avevano scommesso su cosa c’era scritto, e lui aveva detto giusto. Il marito alza il palmo della mano verso di me, non posso che contraccambiare dandogli il cinque.

La signora, risalendo le scale, ci mostra il dito medio, lui assume una faccia finto-sorpresa e dice “Uuuhhh” agitando le mani in alto, con un sarcasmo evidentissimo e un palese sguardo di complicità verso di me.

Ovviamente ho riso con lui: per una volta il genere maschile ha vinto.

Preso dalla curiosità, faccio un rapido controllo: hanno una camera con salottino e divano. E so già chi avrebbe dormito lì sopra, quella notte.

Ma ne sarà valsa la pena.