lunedì 2 dicembre 2013

Oggi parlerò di due argomenti diversi tra loro: la tassa di soggiorno e la Finlandia.
Il 14 Marzo 2011, con decreto legislativo n° 23, il governo dell’epoca, guidato da un partito che si è sempre proclamato contrario alle tasse (sapete, quel politico brianzolo che prometteva “basta tasse” più altri miracoli made in italietta), dette la possibilità ai comuni di istituire, a loro discrezione, l’imposta di soggiorno (per la serie: noi non le aumentiamo, ma se lo fanno gli altri non è più responsabilità nostra. Un po’ come Capitan Barbossa che getta a mare uno e gli dice “non sono io che ti uccido, ma gli squali che ti mangiano”). Il nostro comune è stato entusiasticamente uno dei primi a farlo, nel Luglio dello stesso anno.
Per noi portieri è una vera rottura di scatole.
Intendiamoci: non è che sia contrario al fatto che i turisti paghino un po’ di tasse (in fondo sporcano ed a noi tocca pagare le pulizie); il problema è che a riscuotere la tassa siamo noi. Dobbiamo chiedere ‘sti quattrini ai turisti, personalmente. Non è che viene qui il sindaco, un qualsiasi addetto al comune, un funzionario governativo apposito; niente di tutto questo: hanno delegato la cosa ai portieri. In pratica siamo agenti di equitalia senza averne lo stipendio. E con l’aggravante che se un cliente parte senza pagarla, dobbiamo rimettercela noi. Di tasca nostra. Quando accade si ottiene una sequela di parolacce qui intrascrivibili. Le stesse che i’ mi’ babbo ed i suoi amici sparano quando il compagno di carte, su ai’barre di Borgopiano, cala il carico senza l’adeguata protezione della briscola. O quando hanno un cinghiale inquadrato nel mirino a venti metri di distanza, tirano e lo padellano di brutto.
La contabilità dell’azienda per cui lavoro ci chiede di riscuotere la tassa in contanti. Il motivo di questa richiesta è semplice e nient’affatto errato: il comune non ci rende le commissioni del pos quando un cliente ci paga con la carta. Quindi siamo becchi e bastonati due volte: il portiere deve riscuotere, e l’azienda pagarci le commissioni bancarie.
Che ganzata, eh? Roba che uno quasi preferirebbe uno 0-5. Od incontrare un affamato dottor Lecter in una stradina buia.
Ovviamente, se il cliente arriva e pretende di pagare la tassa in carta, non possiamo dirgli di no: è un suo pieno diritto scegliere il metodo di pagamento. Noi dobbiamo solo adeguarci. Ma di solito pagano quasi tutti in contanti. Semplicemente avvertiamo i clienti direttamente al check-in che devono pagare in tale metodo. Quindi il cliente si organizza e va a prelevare al bancomat con anticipo.
Chiaramente, non tutti lo fanno.
Ad esempio, se un cliente americano mi parte la mattina e mi dà la carta adducendo che ha solo 25 euri contanti e gli servono per il taxi che lo porterà al’aeroporto, mica posso chiedergli di uscire a prelevare al bancomat. Non sarebbe cortese e gentile, anzi. E di solito gli americani fanno così: alla partenza si preparano solo i 25 euri per il taxi. Così tornano negli Usa senza troppi soldi europei, che da loro non possono spendere (soprattutto gli spiccioli, che in banca non te li cambiano).
Ed ora passiamo ai finnici.
Sono, senza ombra di dubbio, tra i migliori clienti che ci siano. Come tutti quelli della penisola scandinava sono cordiali ed educati, salutano sempre ed adorano l’arte fiorentina. Pagano e non creano problemi. Ed in più hanno nomi buffi come Lekakhula, Kakavonen, Muukka, Pirikkunen Kakkula, insomma, una roba che va dai racconti per bambini alla Gianni Rodari ai film scurrili alla Alvaro Vitali: in ogni caso ci si fanno due risate tra colleghi.
Ma ovviamente, anche con loro non mancano casini di vario genere.
Un paio d’anni fa avevo un gruppo di finnici, una trentina di persone, quasi tutti belli anzianotti, anche sopra gli 80 anni. Probabilmente reduci della guerra d’inverno coi sovietici. Insomma, duri ma col sorriso. Rientrano la sera dopo cena, e mi chiedono dei bicchieri in vetro perché hanno comprato del chianti e non è carino berlo nei bicchieri di plastica. Così gli indico il bar, e mi avvio a prenderli. Mi giro per vedere se mi seguono, ed infatti uno di loro mi viene dietro, uno dei più anziani.
Troppo anziano.
Inciampa e va a sbattere la testa conto lo spigolo del cassapanca di legno all’ingresso del bar. E’ una bella cassapanca, avrà un paio di secoli. Legno duro, massiccio, ci teniamo dentro la carta intestata. E’ ovvio che tra una capoccia finlandese ed una cassapanca toscana abbiamo lo stesso confronto che c’è tra una nave della costa crociere ed una roccia del Giglio: vince la Toscana, è chiaro. A subire son sempre gli altri.
Essendomi girato, mi sono visto tutta la scena, ce l’ho ancora in testa al rallentatore: il vecchietto di Helsinki che incrocia le gambe e va giù di testa come Magnini quando si tuffa in piscina (o sulla Pellegrini), e la capocciata sulla cassapanca.
Mi rendo subito conto che s’è fatto male di brutto. Lui si rialza e dice “Ok, ok!” Ma ok un tubo, grondi sangue che sembri appena uscito da un episodio di Band of Brothers! Lo costringo a mettersi a sedere e gli osservo la testa: tra i radi capelli bianchi si nota un bel taglio profondo, con il sangue che scorre copioso. Lui fa per rialzarsi ma io lo inchiodo subito alla sedia: ma te sei matto! Hai scansato i proiettili russi, lassù in Lapponia nel ’40, e ti fai dissanguare qui da una cassapanca toscana? Nel mio hotel??? Ma te sei fuori! Ordino alla moglie, che da brava nordica ascolta disciplinatamente senza interrompermi, che il marito non deve alzarsi, quindi gli appoggia la mano sulla spalla; e lui lì fermo e zitto, chiaro indice di sottomissione alla parte femminile della famiglia (cosa che peraltro avviene spesso anche a casa mia…). A quel punto mi fiondo alla cassetta del pronto soccorso; inzuppo il cotone di disinfettante e torno dal finnico; appoggio il cotone sulla ferita ed ordino alla moglie di tenercelo bene, premendo con forza, cosa che fa subito (il marito ormai è rassegnato e subisce in silenzio. O forse si è reso finalmente conto che trattasi di cosa seria, visto che quel che gli cola lungo la guancia e gli macchia i vestiti non è sudore ma sangue). Quindi corro al telefono per chiamare il 118. Ovviamente comunico subito all’operatrice il problema: il taglio sulla testa che perde sangue, ma che il soggetto sta bene e non è in pericolo di vita. La tipa mi dice ok bravo ora non lo tocchi più ed aspetti l’ambulanza. Bene, mi tranquillizzo. Io, il mio, l’ho fatto. Ora devo solo attendere gli esperti del settore, affinchè compiano il loro dovere.
L’ambulanza arriva in pochi minuti, ed i soccorritori si precipitano dentro… smollando l’ambulanza nel mezzo alla strada. Ovviamente bloccando il traffico. Dopo neanche 3 secondi che i paramedici sono al capezzale del finnico, arriva dentro un tassista che si lamenta del parcheggio selvaggio dell’ambulanza. Al che il paramedico ribatte che lui ha un’urgenza e quando ci sono le urgenze non sta a sottilizzare e gli altri si attaccano perché può esserci un pericolo di vita, e la vita viene prima della fretta di un tassista… non ha tutti i torti, ma io avevo detto all’operatrice che non era urgente. Vabbè, dopo il breve battibecco (ed ho il mio daffare a calmarli, perché avevano già cominciato ad alzare la voce tutt’eddue, e quando due fiorentini alzano la voce si possono superare i 200 decibel), il paramedico torna sull’ambulanza e la parcheggia… meglio (con una ruota sul marciapiede, di traverso… ma comunque le auto ed i pedoni passano… più o meno…) e torna dentro ad assistere la collega paramedica che sta esaminando la ferita. Si portano via il danneggiato, che tornerà in albergo dopo un paio d’ore, con un’evidente fasciatura in testa a coprire i punti che gli avevano applicato. Li mostrò orgoglioso a tutta la combriccola, il giorno dopo alle colazioni, ed io notavo interessato che tutti lo guardavano con una strana ammirazione… un italiano sarebbe stato additato come un pirla. Ah, particolare interessante: la moglie non seguì il marito nell’ambulanza fino all’ospedale. Smollò il marito ai paramedici ed andò a dormirsela in camera. Non so se fosse freddezza tra coniugi o freddezza nordica; sulle prime propendevo per la seconda, ma poi mia moglie mi fece notare che molto probabilmente la signora finnica voleva bersi il famoso chianti con gli altri componenti della gita. Evidentemente sopra i 60 conta più l’alcool dei rapporti tra coniugi. Spero solo in quel di Helsinki.
Ma passiamo al secondo aneddoto: finnici + tassa di soggiorno:
Turno di mattina, coppia lappone sui 60 in partenza. Camera prenotata con agenzia, devono pagare solo la tassa di soggiorno.
Arrivano con la carta di credito.
Gli chiedo gentilmente se hanno i contanti.
No, abbiamo solo la carta di credito perché i contanti ci servono per il taxi.
Mi prendi in giro? In Finlandia avete l’euro, non è che se ti avanzano degli spiccioli ti rimangono i saccoccia, come è successo a me per gli yen e le vecchie sterline irlandesi.
Ma tant’è, non posso mica rivolgermi così alla cliente. Sorrisone. Benissimo, signora, può pagarla con la carta.
Mi allunga la tessera, e la infilo dalla parte del chip nella macchinetta. Digito l’importo e porgo il pos alla signora affinchè digiti il pin.
Bip. Esce il cedolino. Transazione rifiutata, pin errato.
La signora mostra subito segni d’impazienza. Ho fatto il numero giusto.
Ok, vabbene, riproviamo, ma in cuor mio so benissimo che è una perdita di tempo: la signora sta digitando il pin errato. Ed infatti…. Bip… transazione rifiutata.
Nuova carta, la signora è sempre più impaziente. Nuovo pin, e, indovinate un po’? Neanche questo è giusto, terzo cedolino del pos, altra transazione rifiutata.
La signora emette il suo verdetto: il suo pos non funziona. Eccerto, la colpa è sempre degli altri, è sicura di non avere parenti italiani? Ma non posso dirglielo, tocca subire ‘sta pantomima in silenzio.
Il marito, molto più tranquillo, mi dà la sua carta, la terza. Non posso fare a meno di notare come tutte e 3 le carte siano pressoché uguali, identiche. Stesso colore, stesso disegno, stessa banca finnica… so già come andrà a finire. Il marito digita il pin e…bip. Transazione rifiutata.
La signora punta il dito sulla macchinetta, la sentenza è inderogabile, direttamente dalla corte suprema di Helsinki, gemellata con quella indiana del Kerala: il suo pos non funziona, non è buono. E’ ovvio, ha funzionato bene tutta la mattina ma ora che è arrivata lei si è guastato.
Immaginate la mia faccia: sorriso accondiscendente fuori, giramento di balle sotto; questa cosa sta facendo perdere tempo a tutti, ed innervosisce inutilmente la cliente, che per colpa sua si finisce anche per rimetterci noi, perchè se sa usare internet e qualche social forum del ca**o ci lascia anche un pessimo commento. E’ il momento di tirare fuori il classico coniglio dal cilindro: estraggo la carta dalla macchinetta del pos e sul tastierino vado al menù per selezionare l’opzione per digitare il numero di carta. Inserisco le 16 cifre, la data di scadenza e l’importo. In 3 secondi netti il pos compie il suo bravo dovere e sputa fuori il cedolino della transazione andata a buon fine; a quel punto devo solo chiedere al cliente la firma, invece di digitare pin errati. Cosa che fa in silenzio ma con sorrisetto malizioso. La moglie invece zitta, non emette un fiato, forse si sta rendendo conto che è un po’ pirla, perché se la macchinetta ha funzionato in un modo doveva funzionare anche nell’altro, ma a quel punto, come direbbero a Roma, “nun me ne po’ frega de meno”. Ha pagato, tanto basta. Si va avanti: sorrisone, emetto la ricevuta, ecco a lei (al marito ovviamente), apro il sito della compagnia taxi e gliene chiamo uno, tempo due minuti e saranno solo un semplice aneddoto. Uno dei pochi sui finlandesi.
Ma se tanto mi dà tanto, non ne mancheranno altri.
Stay tuned.

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