lunedì 6 ottobre 2014

Io, i madrelingua inglese, li invidio profondamente.

L'inglese ha l'incredibile, fantasmagorico, invidiabilissimo vantaggio di creare parole e termini semplici per definizioni lunghissime. Ed io, che odio mischiare le lingue assieme, mi trovo in profonda difficoltà.

Come definireste il tentativo di fare più cose contemporaneamente?

Esatto, proprio così: multitasking.

Io sono un po' come il winzozz: ci provo, ma non ci riesco.

Ieri mattina ero alla prese con una partenza. Due signore americane che, a prima vista, dovevano essere con Betsy Ross nell'industria del cucito.

Una buona decina di minuti a dividere i conti per due. Tutti i conti.
Camera.
Tassa di soggiorno.
Telefonate.
Bar.

Una signora paga la sua metà di extra in contanti, l'altra in carta.
L'altra paga in contanti solo la tassa di soggiorno, tutto il resto sulla carta.

Benchè viva a 60 chilometri di distanza dal centro di Firenze, ho come l'impressione di avere addosso gli occhi di Luisa, cugina laureata in matematica. Come abbia fatto, per me rimane un mistero insondabile, l'ennesimo di Fatima mai svelato. Io, ad analisi 1, mi accontentai di un 20. Per i miei standard matematici fu come dare un motore a curvatura al'Apollo 13.

Mentre sono lì che mi impegno in integrali per calcolare quanto addebitare su ognuna delle due carte di credito e quanto dare di resto in contanti alle due signore (che ovviamente pagano separatamente e con tagli differenti da due zeri, e solo perchè la BCE non ha ancora ideato quelli da 3), mi si avvicina un cliente castigliano-parlante. A dire il vero era lì già da un po', ma ero impegnato a digitare sulla calcolatrice.

E lì, tento il “multitasking”.

Senza alzare gli occhi, gli chiedo cosa vuole sapere.

Operazione rischiosissima, perchè se mi chiede un orario di un museo qualsiasi, il costo del biglietto e/o il numero di autobus per arrivarci, rischio di confondermi brutalmente con i resti o la cifra da digitare sul pos.

Ma io sono fatto così:
impulsivo
irrazionale
coglione.

Sono fortunato, mi chiede da che parte è l'entrata per salire sui'cupolone di'Brunelleschi. E' facile. A sinistra della facciata principale, vicino via dei Servi.

-Hay mucha cola?-

Claro, per salire su c'è coda, certo. Sono tanti scalini, ma diamine se vale la pena. Oh, si sta a parlare di una delle meraviglie di'mondo, appena un pelino sopra i'David e Pepito.

.

No, non me lo chiedere.

Ti prego, non farlo. Pensaci bene. Nonmelochiederenonmelochiederenonmelochied...

-No hay elevador?-

.

Ovviamente mi blocco come winzozz.
Il sistema è andato in crash.
Con una carta di credito in mano e due signore americane che ci osservano stranite, apparentemente senza capire.

Assumo lo sguardo di Aldo Raine davanti al colonnello Landa.

-No, claro-

Apre la bocca, alza un ditino, poi capisce che non è aria ed esce.

Il sistema riparte, effettuo il pagamento delle signore e gli stampo la ricevuta. Mentre le due sistemano carte, contanti e ricevuta in una mezza dozzina di borsette a tracolla, chiacchiericciano tra loro.

Agguanto le parole “dome” e “lift”.

E ridacchiano.

Ed osservano prima il tipo che è uscito, poi me.

Hanno capito tutto, dalla prima all'ultima sillaba. Non posso fare a meno di contraccambiare il sorriso.

Occhio alle signore americane, sono più sveglie di quel che uno pensi.

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