mercoledì 30 aprile 2014

Eppure è chiaramente specificato: “il corso di divinazione è facoltativo”.

Ok, capisco che sia una delle peggiori insegnanti di Hogwarts (e non comprendo perchè la Thompson abbia accettato proprio quel ruolo, anche se ci sta benissimo, con quegli occhialoni. Al suo posto, al regista, avrei chiesto la parte della McGranitt), ma tu, ragazza cinese che entri un pomeriggio qui nell'albergo, perchè non te lo sei scelto? Davvero credi che l'abbia fatto proprio io? Mi spiace, ma hai beccato un babbano totale, un first generation muggle. Io e la divinazione siamo incompatibili, come Schettino ed i sudcoreani nell'arte della navigazione.


Dicevo: turno pomeridiano, appunto. Entra questa cugina di Cho Chang. Non è una cliente, ha bisogno di una informazione, e pensa che io gliela possa dare.

L'albergo si trova al civico xx.

L'inglese è accettabile, la richiesta impossibile:

-Sto cercando il numero xx, ma non ricordo la via...-

-Lei ha una prenotazione in un albergo?-

-No, sto cercando una casa per famiglie-

Dice proprio così, una casa per famiglie.

Una casa normale, non un albergo, che ha lo stesso civico nostro.

-Non mi ricordo la via-

La tentazione del facepalm di fronte a lei è fortissima. Ma come diceva qualcuno: resistere, resistere, resistere.

Comincio ad andare per esclusione: Firenze è una città di circa 300mila persone. Ci sono diverse migliaia di vie. Ma possiamo escludere fuori dal centro. Afferma che è da queste parti. Ha una piantina della città, e la apre. Fa un cerchio che dalla Stazione si propaga tutto intorno. Per un raggio di un paio di chilometri.

-E' un palazzo alto, con molte famiglie. Lei non ha proprio idea?-

..

Quanti palazzi ci saranno nel centro? Perchè non conoscerli tutti? Secondo questa ragazza cinese dovrei. Ma la deludo profondamente: non ne ho la più pallida idea. Se ne va tristissima, non so se per la mia ignoranza verso la conoscenza della mia città o per la sua pirlaggine nell'essersi trascritta solo il civico e non l'indirizzo completo. Almeno Totò e Peppino se la ridevano, quando al vigile milanese chiedevano un'informazione assurda.


Spero la consoli il fatto che Sibilla Cooman, per il corso in questione, mi boccerebbe. Su tutta la linea.


sabato 26 aprile 2014

AVVERTENZA: QUESTO POST E' A FORTE GRADAZIONE DI POLITICAMENTE SCORRETTO. SE DOPO LA LETTURA VI SENTITE OFFESI, SIETE PREGATI DI RICORDARVI CHE IO VI HO PREVENTIVAMENTE AVVERTITO.


Devo chiedere scusa ad Alessandro.

 

Ale è uno dei facchini dell'albergo. E' dentro questa azienda da molto più di me, ormai saranno vent'anni. Un tipo magro e robusto, che ne ha viste tante, molte, troppe. Potrebbe scrivere un paio di enciclopedie di storie capitategli. Una, ad esempio, è che due settimane fa l'ho fatto arrabbiare di brutto. 

 

Il punto è che a volte non mi sento affatto adeguato a questo lavoro. Intendiamoci: non è che non mi piaccia. Affatto. E' che preferirei di gran lunga qualcosa tipo di calciatore professionista in Premier League, il comandante dell'Enterprise, od il dittatore assoluto in una remota enclave di socialismo reale. Qualcosa insomma che comporti un sacco di divertimento, minori difficoltà e soprattutto zero responsabilità.


Turno di mattina, un sacco di partenze. Tra tutte queste ci sono 3 camere di afroamericani. Tre coppie con bimbi, uno in particolare molto piccolo, appena 3 mesi, e che sul passaporto indicava pure che è nato in Italia. Presumibilmente sono militari di stanza in qualche base yankee del paese, basi che dobbiamo fornire in quanto paese sconfitto (e complimenti al pioniere italiano del bunjee jumping che ebbe la genialata di dichiarare guerra agli Usa). In ogni caso: prenotano con internet, pagano camera e tassa di soggiorno e non vengono a chiedere informazioni. Ottimo ed abbondante. Finchè non capita il problema che fa arrabbiare Ale e ti fa rendere conto come l'unico afroamericano intelligente del pianeta sia il Presidente. Gli altri sono dei pirla che andrebbe rimandati dove meritano: nel campi della Virginia, a raccattà i' cotone.

 

Una di questi campioni ha un frigo-trolley. Uno di quei frigo portabibite che si vedono nei film polizieschi americani, con i protagonisti da cui attingono lattine su lattine di Duff od altra pessima birrazza, mentre chiacchierano di come arrestare i cattivi sopra una barca ancorata in un giardino. Solo che questo frigo si trasporta come una valigia, con tanto di maniglia estraibile sul fianco alto. 

Arrivano al bancone e pagano la tassa di soggiorno, quindi passo ai clienti successivi, quando improvvisamente udiamo un rumore forte, profondo: un rombo tremendo, sembra una MG42 ad Omaha Beach, od il tremore del terreno sotto L'Aquila. Ci guardiamo tutti negli occhi, con sguardi terrorizzati, poi in un attimo si realizza il disastro: il frigo-trolley si apre e ne escono litri d'acqua, dozzine di lattine di ogni tipo di bevanda gassata di questo pianeta e soprattutto centinaia, migliaia di cubetti di ghiaccio, i colpevoli del rombo. Tutta questa quantità di roba di riversa nel pavimento antistante al bancone.


Ovviamente Alessandro arriva, incacchiatissimo, con secchio e straccio per pulire dall'acqua e dai cubetti di ghiaccio che vagano per la hall come mini-iceberg alla ricerca del loro mini-titanic da affondare; e lì si realizza il fattaccio: il possessore del frigo-trolley, ed autore del disastro, raccatta le sue bibite, le butta nel frigo, lo chiude e se ne va.

 

Ed a quel punto Ale spara la frase che per me è ancora una pugnalata al cuore:

 

-Ma come, se ne va? Marcellino, ma 'un tu gli dici niente?-

 

Ed invece io sono rimasto lì, con lo sguardo allibito, a guardare 'sto negraccio (scusate, ma quanno ce vo ce vo) che, sguardo basso colpevole, se la fila fuori dall'albergo.

 

Potrei addurre, come scusa, che avevo altre due camere che volevano fare il check-out e mi avevano distratto (e se la ridevano pure di tutto il casino), o che mi aspettavo davvero che 'sto nero aiutasse almeno a raccattare i cubetti, come avrei fatto io se fosse capitato a me. Invece no. Non sono riuscito a dire niente. Sono rimasto lì come un allocco a bocca aperta, a guardare quello che se ne andava dopo aver combinato il danno, con 4 olandesi che ridevano come matti mentre posavano sul bancone gli euri necessari a pagare la tassa di soggiorno ed Ale che sparava quei termini che dimostrano come noi toscani siamo ancora pagani indefessi che odiano profondamente il dio unico.


Ale scusami. Sul serio. Lo so, a volte (ultimamente molto spesso, a dire il vero) mi sento proprio inadeguato a questo lavoro. Ti prometto che, quando avrò realizzato la macchina del tempo, andrò a Gettysburg a dire a Bobby Lee di non attaccare frontalmente Cemetery Ridge ma aggirare sul fianco, così da far vincere la guerra ai sudisti e mantenere lo schiavismo nei CSA. E quando parlo di Lee non intendo un'auto con una bandiera dipinta sul tettuccio, ma un generale in carne ed ossa. Ma al momento posso solo porti le mie sincere scuse. Ti offrirò una birra.

 

Una buona però.



lunedì 21 aprile 2014

In fin dei conti, non sono tante le cose che desidero dalla vita.

Ad esempio: mi piacerebbe che le mie figlie guardassero i miei dvd su una ragazza nippo-aliena volante in bikini tigrato. Oppure ragazze giapponesi che manovrano carri armati. Oppure ragazze giapponesi esperte di arti marziali. A pensarci bene tutti i miei dvd riguardano ragazze giapponesi. Ma non è così. Le mie figlie si ostinano a guardare giuseppa maiala; o roberto spugna; o dei cavalli parlanti. Vabbè, accontentiamoci. In fondo con la Camilla sono riuscito ad andare direttamente dalle bambole a Stone Age ed Agricola senza passare dal monopoli. Il che, in fondo, è un bel risultato, ad 8 anni.

Ma questi sono fatti marginali, rispetto a quando avviene ciò che veramente non mi piace: quando mi prendono per il portiere onniscente. Per colui che sa tutto.

Pomeriggio, turno anche abbastanza tranquillo (in realtà affatto). Due arrivi:

1-madre e figlia finlandesi. La signora si presenta come “Sara Maria” (inventato, ovviamente).

Signora, ha veramente prenotato a nome “Sara Maria”?

Si, ribatte lei convintissima.

Ovviamente non c'è nessuna prenotazione a nome “Sara Maria”. La signora ha prenotato con il cognome, ed è ovvio che non posso sapere chi sia costei, se mi dice solo il nome di battesimo.

Provo a chiedergli il cognome, ma lei ribatte convinta, nel suo sorriso mentre accarezza la bimba: Sara Maria.

Normalmente, quando non trovo subito la prenotazione di un cliente, questi va subito nel panico assoluto: oddio, non c'è la camera, dovrò dormire in mezzo alla strada! Aiuto! Questa signora invece no. Tranquillissima, sicura di sé: ha prenotato e la camera c'è. E' vero, ma lei ha prenotato con un cognome, non come “Sara Maria”. No, io ho prenotato come Sara Maria. E mi sorride serena: tu sei un portiere, tu sai tutto.

Sono appena le 4 del pomeriggio, ho ancora una caterva di arrivi, e guarda caso, ben 4 finlandesi. Un paese così poco popolato rispetto al resto del mondo ed un monte di gente che viene tutta qui: Dai raga, molliamo 'ste renne ed andiamo a trovare il marce, ma per non farci perculare con i nostri cognomi tipo Kakkula o Lekkonen, gli diciamo solo il nome, tanto lui sa tutto. Magnifico. Mi sembra quella vecchia barzelletta:
-come si chiamano gli abitanti della Finlandia?
-Finlandesi.
-I nomi, voglio i nomi!

Come la trovo la prenotazione di costei? Nell'unico modo possibile: gli chiedo i passaporti. Ecco il cognome ed ecco qui la prenotazione, trovata subito.

Non le dico niente; faccio la copia dei documenti, gli do chiave, codice wifi, mappa ed arrivederci. Lei e la figlia salutano sorridenti. Convinte che basti il nome di battesimo. Caro collega del prossimo albergo dove alloggerà la signora: keep calm and ask the passaports. Non aspettarti che dica le cose nel modo giusto.


2-americani, coppia giovane. Sorridente.

“Reservation name xxx”

Non trovo la prenotazione.

Costoro vanno nel panico. Si guardano spaventatissimi, manco stessero ascoltando Orson Welles che alla radio dà la notizia dell'arrivo degli alieni. “We booked, we really booked!” Non lo metto in dubbio, ragazzi miei, ma non è che avete prenotato sotto un altro nome? Nonono! We are 100% sure, we booked under name xxx.

Posso avere i vostri passaporti, per favore?

Lui cognome xxx, lei cognome yyy.

Prenotazione sotto cognome yyy.

Faccia rilassata, lui guarda lei: So... you booked!

E lei: i didn't know.


3-Ore 21, dai che manca poco ad andare a casa. Ma ecco che entra una signora bionda, elegante, distinta. Gli manca solo la parola. Purtroppo. Forse dovrei provare a fare come quello scultore: una martellata sulle ginocchia: “Perchè non parli?” Perchè non spiccica neanche una parola d'inglese. Perciò mi fa segno di attendere, fruga frenetica in borsa ed estrae un foglio booking. Ed indica quello che presumo sia nome e cognome.

Presumo, perchè è in cirillico.

Sono letteralmente allibito, questa pensa veramente che io parli e legga il russo.

Ok, io ho dei colleghi che hanno questa abilità, ed anche ad un discreto livello, ma tu, cliente putina (nel senso del tuo presidente, ovvio) entri sicura che qualsiasi dipendente alberghiero della penisola conosca la tua lingua?

A quanto pare è proprio così, perchè indica imperterrita tutto il foglio, ed è tutto cirillico. Per costei la cortina di ferro andava dalla Sicilia al Belgio. Mi spiace signora, ma il fronte popolare perse le elezioni nel '48. Le vinse la dc. Concordo con lei che era meglio un po' di sano e rigido comunismo con truppe d'occupazione russe e studio obbligato di questa lingua a tutti gli italiani, ma non è andata così. Siamo stati sotto la Nato e gli americani, ed a loro che si conoscesse l'inglese non è mai interessato. Gli bastava che avessimo la coca cola, il mac donald e qualche aereo civile da prendere di mira di tanto in tanto (sigh).

Ma fortunatamente per lei (e per me) essendo le 21 non mancano tanti arrivi. Per l'appunto ce n'è solo uno con cognome più o meno russofono, e poi, al solito, mi faccio dare i passaporti (perchè nel frattempo è spuntato il marito, ed anche costui non va al di là della lingua madre).

Però non c'è verso, non si scappa. Noi portieri dobbiamo sapere tutto. Per forza.

venerdì 18 aprile 2014

Rapidamente:


ore 22.30, arrivo una mezz'ora di anticipo e trovo la Caroline con la stessa espressione misto incazzatura-tristezza che avevamo noi fiorentini dopo il ritorno di europa lig. In pratica, appena 30 minuti prima, due coppie di austriaci, più o meno sopra il secolo d'età, avevano chiesto qualcosa da trincare al bar dell'albergo. Il problema è che Niccolò, il facchino, era impegnato a rifare una camera a due letti, poiché la cameriera, la mattina, aveva completamente toppato ed aveva rifatto il letto come matrimoniale. E dato che anche lei era piuttosto impegnata al ricevimento, non era possibile “al momento” soddisfare la richiesta.

 

Apriti cielo, gli austriaci aggrediscono verbalmente la povera Caroline, accusandola di non avere voglia di lavorare. Questi emeriti strunz non tengono minimamente di conto che i due ragazzi hanno molto da fare in cose urgenti (due persone che vogliono una camera a due letti,check-in, telefonate di richieste di disponibilità, ecc.): esistono solo e soltanto loro, e devono essere serviti subito, seduta stante. La Caro è letteralmente allibita, e c'è stata molto male, ma alla fine le bevande sono state servite perchè Nicco è un mostro nel suo lavoro, e si precipita dabbasso per servirli. Più tardi chiederanno ulteriori bevande a me, unico dipendente rimasto.

 

Abbi pazienza Caro, lo sai come sono gli austriaci: dei tedeschi tristi. E gli rode ancora di quando voi francesi li prendeste sonoramente a calci nel didietro per mezza Europa, da Ulm ad Austerliz. O forse di quando li bastonammo noi sul Piave.

 

Mentre sono lì al bar che preparo gin tonic e cuba libre, mi chiama un interno, camera 384. Coppia americana 40enne, simpatici, sorridenti e tranquilli. Non riescono a dormire perchè la camera accanto “a party is going on”. Ci sono due ragazzotti, anche loro americani ma con la metà degli anni. Con altri amici. Con molte birre. Li chiamo in camera più volte, non mi rispondono neanche. E' quello che mi lascia stupefatto degli yankee: sui 22-23 anni oltrepassano una barriera che è un po' come la sottile linea rossa di Mallick: al di sopra sono persone adorabili e simpatiche, ma al di sotto sono il diavolo in persona; brivido, terrore e raccapriccio di qualsiasi dipendente alberghiero. E di qualsiasi cliente.

 

Alla fine anche questi strunz rispondono al telefono, e i assicurano che la smetteranno presto, infatti di lì a pochi minuti escono: sono in 6 e tutti con birrozzo in mano. I due occupanti della camera rientrano verso le 4. Ovviamente non suonano il campanello, malgrado glielo avessi detto, e malgrado fosse già la seconda notte che rientravano a quell'ora e trovassero la porta chiusa a chiave.

 

Verso le 6 circa scende proprio la 384, che ha una partenza mattutina. Hanno un volo presto per l'aeroporto. Pagano la tassa di soggiorno, poi lui, tipo alto e prestante ed espressione da “ti ho beccato Osama, è giunta la tua ora”, chiede il numero della camera dei suoi concittadini più giovani e casinari.

 

Room 385, sir. Just dial 3 and the room number on the phone”

 

Lui chiama la camera dal telefono di servizio.... aspetta... aspetta... la moglie attende anche un pò impaziente alla porta, poi alla fine qualcuno risponde, e lui attacca:

 

Hello, i'm your friend from room 384. I wish to thank you to wake me up yesterday night. I hope you have a nice day”.

 

Dopodichè riaggancia, mi saluta, afferra il trolley ed esce dall'albergo.


Firenze, 2014, la seconda guerra civile americana.

lunedì 14 aprile 2014

A me non è che spiaccia sparare a zero sui vigili urbani. Anzi, a volte è necessario. Doveroso, oserei dire. E' che il mio più caro amico Alessandro, compagno di lanci di dadi in D&D e Vampiri, fa parte di tale corpo. Ma a suo favore devo aggiungere che lavora a Campi, il che rialza enormemente la media del posto.

 

Ma a Firenze tale media è terribilmente bassa. Occorrerebbe una pala, per scendere così in basso.

 

Turno pomeridiano di mia moglie. Riceve la chiamata di un cliente che arriva in auto, perchè l'albergo dove lavora ha il garage. Dato che il navigatore è, nel centro di Firenze, affidabile come Schettino alla guida di un peschereccio, la Sara gli dà le indicazioni sulle vie da percorrere per arrivare.

 

Aspetta... aspetta... il cliente non arriva. Eppure sono 5 minuti 5, che fine ha fatto?

 

Ma ecco che il cliente richiama:

 

-Io sono arrivato alla fine della via, ma i vigili mi hanno detto che non c'è nessun albergo e mi hanno costretto a proseguire...-

 

Eh? Cosa? Come?

 

La Sara si scusa con il cliente e gli spiega che deve rifare tutto il giro dalla Stazione e dai viali per tornare. Poi si affaccia dal portone.

 

Fuori, proprio davanti all'ingresso, 4 vigili stanno discutendo, presumibilmente di quale bar produce il cappuccino migliore. Attendono un carro attrezzi per portare via un'auto in sosta vietata. Ma farebbero meglio a chiamare la neuro per portare via loro...

 

-Scusate, ho un cliente a cui avete detto che non c'è nessun albergo qui, e lo avete costretto a proseguire per tornare alla Stazione!-

 

I 4 smettono di discutere e si guardano attorno smarriti, manco si trovassero al centro si una sconosciuta metropoli asiatica con indicazioni in ideogrammi, quando invece è la città dove lavorano e si presuppone conoscano. Come se non avessero mai visto la targa di un albergo, che è proprio accanto all'ingresso con scritto “Hotel xxxxxx” ed il numero di stelle. A 20 centimetri dalla loro faccia.

 

-Ehm.... uh... non l'avevo visto-

 

Una volta le persone meno sveglie le arruolavano nel corpo dei carabinieri, e da qui le famose barzellette su di loro.

 

Una volta.

 

Oggi li fanno vigili urbani a Firenze.

mercoledì 9 aprile 2014

Alcuni mesi fa venne in albergo una coppietta italiana.

Gentili, carini... tutto ok tranne per un piccolo particolare: lei aveva 17 anni e 9 mesi.

E, chiaramente, non erano parenti.

Quando vengono minorenni in albergo, occorre che A) siano accompagnati dai genitori o B) che abbiano l'autorizzazione dei genitori.

Quella volta lasciai correre. Non dovrei dirlo, feci una cosa irregolare, ma comunque dubito fosse una fuga e/o rapimento. Glielo dissi, e mi assicurarono che comunque non avevano in programma altri viaggi prima dei suoi 18 anni. A tal proposito, adesso lo è. Tanti auguri. Poi erano bolognesi, ed io adoro i bolognesi (un fiorentino che ama Bologna è molto irregolare, lo capisco, è come un israeliano che va pazzo per la Germania, ma può capitare, no?)

Ma un paio di settimane fa, nell'albergo di mia moglie, arriva una coppia giovane. Lui 18enne, lei...15enne.

Ci sarebbe da chiedersi quale madre o parente prossimo lascia che una 15enne vada in vacanza con il fidanzatino, e gli paghi pure il soggiorno. Ma la procedura è semplice: occorre l'autorizzazione dei genitori. La collega di mia moglie, Cecile, intima ai ragazzi di avere questo documento, così la ragazza si attacca al telefono e chiama la madre affinchè invii questa preziosa autorizzazione corredata di fotocopia del documento.

Intendiamoci, è comunque un palliativo. In teoria non dovremmo accettarli, questi ragazzini. Se gli succede qualcosa, noi siamo i responsabili... Ma comunque lei è con un maggiorenne. La madre ne è consapevole e dà il consenso. Tanto basta. I due lasciano i bagagli e vanno a giro per la città.

Alle 15 entra in turno mia moglie. Mentre si danno le consegne, arriva una telefonata.

Hotel xxxxx, buonasera, sono Sara”

Ciao, so' 'a ragazza de prima”

.

Eh?”

Si, so' Federiga. Che mi' madre a mannato er documento?”

Non ci vuole molto alla Sara per capire chi è che sta parlando.

Si, tutto ok signorina, sua madre ha mandato il documento e la dichiarazione”

Allora sto tranquilla? Che posso tornà?”

Certamente, può alloggiare da noi”

Ah, bene. Grazie amo'. Se vedemo dopo” e riattacca.

E la Sara rimane lì, come un'allocca con la cornetta in mano e pensa:

ma amo' lo dici a tua sorella!

I due ragazzini staranno alloggiati per due giorni, praticamente senza uscire di camera. La cameriera dovrà fare le poste fuori nel corridoio, per infilarsi dentro una volta che costoro escono al fine di riordinare e riassettare. A fine soggiorno, alle 12.15, non sono ancora scesi. Mia moglie, che è in turno di mattina, li chiama in camera.

Voce maschile, cavernosa, appena svegliata.-

-Pronto...-

-Buongiorno, qui è il ricevimento. Le volevo ricordare che il check-out è a mezzogiorno, e voi siete ancora in camera.

-Ah... nun lo sapevo... me credevo che er check-in era alle 12 e 'a partenza alle 14-

La Sara è stata seriamente tentata di inviargli in camera il prossimo arrivo, per un paio d'ore di intimità a 4.

Genitori, prima dei 25, i figli, teneteli chiusi nelle loro camerette. A chiave.

giovedì 3 aprile 2014

Ve lo ricordate il detto di Confucio? Quello che esortava a sedersi sulla riva del fiume ed attendere di veder passare il cadavere del proprio nemico?
Io l'ho fatto.
Ma in luogo dei cadaveri dei miei numerosi nemici, ho visto passare il cadavere di Confucio. Suicidatosi per non vedere più lo strazio di come si sono ridotti i suoi concittadini del XXI secolo.


Mi sto avviando al turno di notte. Serata fresca, terreno in buone condizioni, zero spettatori sugli spalti (a parte i soliti strafatti seduti sui gradini di una panineria americana). Sulle spalle il mio solito zainetto marca Joma, in cuffia il mai troppo compianto Jeff Healey che mi canta “My life story”. Non solo la tua, Jeff. Non solo la tua.
 
Passi lunghi e ben distesi, sono quasi arrivato.
 
Stop. Improvviso. Modello “coda sulla Salerno-Reggio Calabria”.
Davanti, a passo di lumaca, 3 tipe made in RPC. Marciapiede occupato in pianta stabile, se continuano così ne diventano proprietarie per usucapione.
 
Ok, sono in anticipo, come (quasi) sempre prima di cominciare il turno, ma provo a vedere se riesco a passare.
 
Niente, non si spostano di un millimetro a destra o sinistra. Mi sento davvero l'uomo invisibile, non mi cagano di striscio. In qualsiasi lingua tenti di chiedergli “permesso”, non mi considerano. Continuano a cianare tranquille come se alle loro spalle non ci fosse qualcuno che cammina più veloce di loro e chiedesse di essere fatto passare. “The world is mine”. E tutto il resto è zero assoluto. Io sono compreso in tutto il resto.
Ok, potrei buttarmi sulla strada e sorpassarle da lì, ma non mi fa molta voglia. Le auto viaggiano a velocità sostenuta benchè si sia nel centro di Firenze. Viaggiano tutti a velocità sostenuta, maledetti pazzi, quando sarò dittatore assoluto farò fermare tutte queste auto nel piazzale della Stazione e fucilarne gli occupanti al muro della panineria.
 
Perciò mi rassegno a rallentare la mia andatura al passo di queste 3 cinesi, sperando che non entrino proprio nell'albergo dove ho il turno.
 
Indovinate un po'?
 
Sono proprio alloggiate da noi.
 
Entriamo tutti e quattro, e, com'è ovvio, appena entrate le 3 si fermano nel mezzo della hall per continuare le chiacchiere. Buonasera, sono un essere umano, posso passare? Vi attraverso come se fossimo entità incorporee? Devo saltarvi sopra la testa? Scavare un tunnel sotto le vostre regali signorie? Spararvi un proiettile nel cranio e poi passare sui cadaveri?
 
Alla fine riesco ad arrivare alla reception. David è occupato con un altro cliente, mi fa un sorriso e strizza l'occhio, ed è, lasciatemelo dire, il secondo momento più bello del turno di notte (il primo è il sorriso della Francesca la mattina alle 7, a fine turno). Io non faccio a tempo ad andare dietro al banco che, neanche il tempo di togliermi lo zainetto Joma ed il giubbotto, le signore cinesi mi si presentano davanti.
 
Toh, c'è un portiere, non l'avevamo visto.
 
Indovinate cosa chiedono?

WiFi?”
 
Apro il cassetto e ne estraggo il codice, ma pensate davvero che le cinesi si impegnino a digitarselo da sole?
Davanti ai miei occhi, sul bancone, appaiono 3 cellulari di ultima generazione. A me, di ultima generazione, piace solo Star Trek, il mio cellulare ha 15 anni e non può navigare in rete, ma funziona e soprattutto ha una batteria che dura una settimana. Ma a furia di configurare internet sugli smartphone dei clienti, ho imparato ad usarli.
 
Il problema è che questi 3 sono smartphone cinesi. Con gli ideogrammi.
 
Chiedo gentilmente alle clienti se mi possono mettere i caratteri latini. Ci sarà bene un sistema in qualche modo.
 
Glielo chiedo in inglese ed italiano.
 
Risposta: “WiFi”. E ditino indice che picchietta sullo schermo.

My life story” cantava Jeff. Confucio, invece, vomita disgustato.
 
Ok, bene o male i vari simbolini li conosco. Mi interessa quello con la ruota dentata, cioè le impostazioni. Lo trovo accanto ad un angry bird, sullo sfondo Hello Kitty che sorride con gli occhi chiusi. Disegni giapponesi, marca coreana, made in RPC, l'Asia riunita in una macchinetta.
 
Quindi apro le impostazioni e tra una selva di ideogrammi trovo il wifi. Trovo la rete dell'albergo e mi districo in una seria di finestre che si aprono e mi chiedono cose che non capisco, ma che le clienti cinesi danno per scontato che io sappia. Keep calm and ask il portiere.
 
Alla fine, prova e riprova, entro nella rete e, nelle varie app, trovo anche il browser, uno diverso per ogni cellulare (safari, explorer e chrome). E' l'unica cosa diversa che hanno, per il resto ci sono le stesse app e lo stesso sfondo. Inserisco la prima password et voilà, arrivano fischietti di messaggini uozzappanti (e la parola zappa indica cosa dovrebbero avere in mano queste donne cinesi, invece di smarphone); la luce si accende negli occhi della proprietaria della macchinetta, che dimentica totalmente chi gli ha appena aperto il mondo virtuale. Le altre due mi attaccano in pressing alto affinchè mi sbrighi a sistemargli gli aggeggi mentre David, che ha finito col cliente che aveva davanti, mi canzona un po' nel suo dialetto romano: “Ao, Marcè, te se' beccato 'e cinesi” e mi tocca trattenermi dal ridere in faccia alle clienti (ma probabilmente non se ne accorgerebbero).
 
Alla fine le tipe se ne vanno con gli occhi fissi sugli schermi, così che David possa darmi le consegne ed 
andare a riposarsi.
 
Però, ripeto:
seduto sulla riva del fiume, vedo passare, galleggiante con la faccia rivolta verso il basso, il cadavere di Confucio. Mi spiace, onorevole filosofo, sei stato sfigato.
Dovei nascere in un paese scandinavo.