domenica 31 agosto 2014



Ci sono clienti per i quali varrebbe la pena di accettare il metodo Sting: pagare per lavorare.

Persone per cui vale la pena di essere al bancone, gente per cui esercitare la professione dell'accoglienza non è solo lavoro: è un piccolo privilegio.

E ci sono lingue per le quali vale la pena di spendere soldi per corsi studio e l'apprendimento. Almeno fino ad un livello necessario a comprendere le piccole sfumature di quell'idioma.

Sfumature che fanno la differenza tra il dire “ehhh?” ed il ridere delle battute di David Letterman senza leggere i sottotitoli perchè mi sto preparando il caffè e dò le spalle alla tv.

Lo so, sono narciso e ci godo. Sono fatto così, con gli ometti che viaggiano su navette fantascientifiche tra la milza ed il fegato. Abbiate pazienza, non ho molte altre occasioni di provare piccoli piaceri. Poi ieri s'è perso a Roma.


Vi faccio un esempio: alle 23.30 arriva l'ultima camera: due coniugi inglesi, con quello stupendo accento british che fa la gioia mia e soprattutto di mia moglie, adoratrice indefessa dell'Inghilterra, a cominciare dalle boy band od i musical che vedono protagonisti pelosi felini (a me basta l'Imperial war musem).

Già il check-in promette grandi cose: “We don't need this” mi fa lui sorridendo mentre mi rende indietro il codice wifi.

Solo per questo accetterei di togliere l'euro e far adottare la sterlina a tutta l'Europa.

Salgono in camera ma ne scendono subito per chiedere una birra. Che servo volentieri.Dopo che si sono sciroppati la bevanda bionda, in chiacchiere sommesse nei divani del bar, il marito, prima di risalire in camera, viene al bancone a ringraziami sentitamente “thank you so much indeeeeeed!” Ed accenna ad un inchino. Al che mi viene quasi naturale imitarlo. “We're acting like the japanese”. Ed i due si lasciano andare ad una bella risata.

Ecco, persone rilassate e felici di essere in vacanza. Perchè non sono tutti così?


Non è l'inglese l'oggetto di cui vi parlerò.

La lingua di oggi è il castigliano.

Ma non sono spagnoli.

Gli europei sono ad un livello superiore.

Ok, è vero, non tutti. Alcuni andrebbero rieducati in apposito campo recintato altrimenti detto gulag. Ma la maggioranza rasenta comunque il cliente perfetto, come gli inglesi di cui sopra.


“Do you speak english” No, non c'è il punto di domanda. Ricevo una semplice affermazione.

A dire il vero parlerei anche lo spagnolo. Non perfetto, ma riesco a tenere testa ad una conversazione che abbia come argomento le regole di World in Flames o le dimensioni delle tette di una cameriera (Sara, abbi pazienza, sono uomo. Mononeuronico). Ma quando mi pongono questa domanda, rispondo “yes” e mi limito alla lingua di her majesty the queen. Lo hanno studiato e lo vogliono parlare, vogliono dimenticare per un po' la loro lingua madre. Vogliono esercitare quello che hanno speso per apprenderlo. Ed il cliente va accontentato. E poi li capisco. Quando ero a Parigi gli addetti al ricevimento dell'albergo si ostinavano a parlarmi in inglese. Se ti parlo nella tua lingua, perchè non mi assecondi? Merde, alors.

“Wi fi doesn't work” e mi appioppano il cellulare. Trabaja, hombre!

Maneggio sul loro apparecchio. Apro gli “adjustes”, accendo il wifi, imposto login e password e, magia delle magie, parte il wifi. “Here you have the virtual word, madame/sir”.

I ringraziamenti si sprecano.

Bip uozzappanti come se piovesse. Richieste di candy crush, non si sa se accontentate o meno. Clienti stravaccati sui divani della hall che, via skype, urlano a persone dall'altro capo dell'oceano “Ciudad asì hermosa!” “Como estas, mi amor, mi niňa!” e dall'altra parte la voce di una bimba a cui manca molto la zia.

Poi la signora si applica cuffietta e microfono.

Si sposta su un altro divano, distante dal bancone.

Ma comincia ad urlare manco fosse sugli spalti del Franchi e Pepito ha appena segnato.

“TU ES UN HOMBRE MUY MALO! PORQUE' ME TRATASTE ASI'????”

Il tizio che è con lei, stravaccato sul divano, la osserva incuriosito. Un po' serio, un po' contento della parte di cacca che si sta beccando l'ex.

Poi arriva la perla delle perle.

“POR ESO ME FUE! CHUPA LA CONCHA DE TU ABUELA!!!”


Sono al bancone.

Colpito da raggio congelante, non so se per colpa di Mazinga Z o di Sub-Zero.

Non oso voltarmi verso i clienti.

Lui gli dice di non urlare, perchè “el chico puede entender”. Ringrazio sentitamente, ma ormai sono un chico di 44 anni, in costante ed inesorabile aumento.

Ma lei replica: “El no habla castelliano”.

Quando sono saliti per andare in camera, ho detto “good night” senza alzare gli occhi dal bancone.

Non me la sono sentita di fargli capire che, si, avevo capito.

Ma non c'era assoluto bisogno di sottotitoli.

domenica 24 agosto 2014

Io gli israeliani li capisco. Sul serio.

Sono stati schiavizzati da qualsiasi popolo dell'antichità. Hanno peregrinato per tutto il medio oriente per stabilirsi nell'unico posto di quelle lande privo di petrolio. Ne sono stati buttati fuori dai romani, che li consideravano pericolosi terroristi. Sono stati discriminati ovunque andassero ed hanno subito un serio tentativo di sterminio con metodo industriale. Poi, una volta tornati nel luogo di partenza, si sono trovati in guerra con i nuovi coinquilini. 
 
Guerra perenne da 60 anni.

Quindi che siano paranoici, rompicoglioni ed un po' stronzi, lo comprendo.

Ma quando trovano una donna geniale e perfida, non possono che subire.



Famiglia israeliana, in vacanza a Firenze. Arrivano in albergo. Check-in e, alla spiegazione della banconista che a Firenze c'è la tassa di soggiorno, il capofamiglia risponde con aria di sfida e stronzaggine: “I will not pay.” E la stessa cosa ripete tronfio alla banconista successiva.

Ce lo vedo, questo quarantenne di Tel Aviv, a vent'anni: alla testa di una colonna corazzata dello Tsahal, i degni eredi della Wermacht, a guidare una delle occasionali invasioni del Libano. Duro, spietato, tutto d'un 
pezzo.
 
Non puoi farcela.
 
Pomeriggio. Al bancone l'obergefreiter riservista dell'esercito israeliano trova un'ulteriore banconista, conosciuta altrove come moglie del sottoscritto, che quando decide di essere bastarda, il marito la chiama con il simpatico appellativo di “gattaccio rognoso”.
 
Anche a costei, l'israeliano ripete il suo mantra: “I will not pay that tax”
 
La Sara, con pazienza certosina (è abituata sul lavoro ed anche a casa...) spiega al cliente che la tassa di soggiorno è odiosa e stupida, ma purtroppo richiesta dallo stato italiano e dal comune di Firenze. E l'unico modo di non pagarla è: a) avere meno di 12 anni; b) essere di Firenze; c) avere un parente ricoverato in un ospedale della città e d) essere studente.
 
E lì il tipo pensa di fare una furbata perchè dichiara “I'm a student”. Ma firmerà la sua condanna a morte.
La Sara gli dice che c'è un modulo da scaricare su internet per avere l'esenzione da studente, e lui quindi gli chiede di cercarglielo.
 
La Sara, ovviamente, lo rimbalza. Primo, se ci tieni tanto a non pagarla, te lo devi scaricare e compilare te, perchè devo farlo io? Secondo, dietro di te c'è una fila di gente che aspetta di fare il check-in e mi chiedi queste cose sapendo che ci potrei impiegare diverso tempo? Esiste un fattore chiamato “rispetto per il prossimo”, non ne hai mai sentito parlare?
 
Solo che poi, passata la buriana di clienti, mia moglie ci pensa un attimo, e lì' viene fuori il genio. E la perfidia più assoluta, una roba che Crudelia Demon a confronto è iscritta alla lega antivivisezione.
 
Va sul sito del comune e dell'università, e lì scarica i documenti per l'esenzione dal pagamento della tassa di soggiorno per gli studenti.
 
Quando il cliente rientra in albergo con la famiglia, la Sara lo stoppa, ed ovviamente in inglese, gli dice:
-Dunque, sono andata su internet ed ho trovato il modulo necessario per non pagare la tassa di soggiorno-
Sorriso a 32 denti, quello che hanno solo gli israeliani, gli scozzesi, i genovesi e Paperon de' Paperoni 
quando non devono pagare. -Yes, very good!-
 
-C'è bisogno della sua copia del passaporto-
 
-Yesyes, no problem at all- Sarebbe pronto a fare le copie dei passaporti della sua famiglia fino all'ottava generazione.
 
-Compilare il modulo-
 
-Si, compilo tutto, pure il modulo d'iscrizione al ku klux klan-
 
-Ed ovviamente, la dichiarazione dell'università di Firenze sulla sua iscrizione-
 
C'era una volta un sorriso.
 
Il gattaccio rognoso, vera perfida, mostra al tipo il modulo d'esenzione, ovviamente scritto in italiano.
-Essendo lei uno studente di questa università, sono certa che non avrà problemi a leggere il modulo in italiano-
 
Dall'altra parte del bancone, arriva il silenzio dei soldati della fortezza Bastiani in attesa dell'assalto dei nemici.
 
Mia moglie, con una compiacenza e soddisfazione che ha provato solo per una laurea, un matrimonio e due battesimi, punta il dito sul simbolo in alto nel modulo.
 
-Conoscerà sicuramente il simbolo dell'università a cui è iscritto, giusto?-
 
Il tipo sussurra un thank you, afferra i documenti, la chiave e schizza in camera neanche fosse gatto Silvestro punto da Titti con uno spillone nel sedere. La mattina dopo ha pagato la tassa e zitto.
 
Sara 7 – Israele 1


sabato 16 agosto 2014


Europei.

Uno dice: siamo ancora il continente ganzo, quello che colonizzava il resto della palla azzurra sospesa nello spazio, che dettava legge in ogni dove, che era il faro di civiltà e soprattutto di conoscenza.

Ma dove? Ma quando?

C'è da rimandare un sacco di gente a ripetizione. Di geografia. Di storia. E, per gli italiani, della loro bestia nera: la grammatica.
Tutto in un fine settimana scorso, in due alberghi diversi.


1. Eppure sei cittadina europea.

Nata un anno prima della rivoluzione dei garofani.

Il secondo 25 Aprile più bello del pianeta.

Hai soggiornato due giorni a Firenze.

Parli inglese.

Rientri ai'tocco (l'una del pomeriggio, prendete nota dell'orario) a riprendere i bagagli e ripartire.

In questo caso non è un condizionale che si deve usare, ma il presente.

Perchè DEVI conoscere la geografia dell'Europa.

Senza se e senza ma.
Quindi capirai che è inaccettabile che tu, cliente lusitana, ti presenti alla banconista e le chiedi:

Is it possible to visit Pompei and Venice TODAY?”

E quando l'addetta al bancone, aka moglie del sottoscritto, ti lancia l'ancora di salvezza suggerendo che forse intendevi “Naples”, tu rincari la dose confermando che parlavi della città lagunare.

La risposta è No. Punto.

Per quanto noi italiani si getti miliardi per dei treni iperveloci e costruire tunnel che vanno da Ginevra al Gran Sasso, come ipotizzava qualcuno, la risposta rimane No.

O uno o l'altro.

E mezza giornata è pure poco. Pochissimo.

Bocciata in geografia.

Senza se e senza ma.



  1. Clienti italiani.

Come fare per raggiungere l'autostrada.

Piantina della città. Noi siamo qui, questa è la stazione. Raggiunga questa via poi trova le indicazioni.

Mi basta il nome della via, ho il TAM-TAM”

Lei guida, lui suona il tamburo.

Dall'autostrada, qualcuno risponderà.



  1. Io sono un italiano e fiorentino atipico.

Come italiano perchè amo la Francia e la sua lingua. Ho visitato l'hexagone molte volte, sempre con grande soddisfazione, spero reciproca. Considero i francesi delle ottime persone ed ottimi turisti. Anche se quando decidono di sposarsi le italiane non è che facciano delle grandi scelte. Almeno dal punto di vista artistico delle tipe in questione.

Come fiorentino perchè mi piace Bologna ed i bolognesi. A 17 anni, con una banda di amici delle superiori che non rivedo da tanto, troppo tempo, andammo a visitare la città felsinea. La nostra prima gita indipendente fuori Firenze. Con tanto di salita sulla Torre. Ed è un ricordo vivido ancora oggi. Alla faccia delle forti rivalità suscitate dal derby dell'Appennino e tragici eventi, mi sento profondamente legato alla città.

Quindi, quando mi si presenta una coppia francese che, oltre ai complimenti per la mia abilità nella loro lingua, mi dice che vorrebbe visitare Bologna e mi chiedono com'è, non posso che parlarne bene. Apro google images e gli mostro l'immagine delle torri.

Però tu, amico franzoso, non puoi venirtene fuori con una domanda che mi aspetterei da un indiano:

-Il n'y a pas d'ascenseur?-

Strabuzzo gli occhi come Napoleone a Waterloo quando vide che erano arrivati i prussiani.
E la stessa espressione la fa sua moglie.

Il francese mi guarda. Poi guarda la consorte. Poi di nuovo me.
Lì per lì non capisce.
Poi c'arriva.
Che i bolognesi di secoli fa non potevano sapere che un giorno gli uomini avrebbero inventato l'ascensore, e quindi la torre non ce l'ha, non può averla. Ci sono le scale. Punto.

Ma io questi strafalcioni me li aspetto, appunto, da un indiano, non da te che sei mio connazionale europeo.


'un ci siamo. Per nulla.

lunedì 11 agosto 2014

Avanza lentamente, con i passi incerti dei suoi 14 mesi.

 

Ricordi toccanti che balenano nel cervello, risalenti ad 8 e 6 anni fa.

 

Si guarda intorno smarrita, a cercare lo sguardo ed il tocco di babbo e mamma.


 

Od in subordine, dei nonni o della zia.


 

Una tripla ed una doppia con culla.

 

Dal paese dove hanno fatto della gentilezza un vero e proprio culto.

 

A parte, ovviamente, i militari.


 

Vabbene, i militari erano dei grandi stronzi.


 

Ma trovatemi un esercito che non lo sia.


 

Ho detto un esercito, le guardie svizzere non contano.


 

Dicevo

 

L’ho vissuta, quella gentilezza estrema, profonda. Quasi intima, per certi versi.


 

Tre sole senzazioni:


 

-Privilegio assoluto;


 

-Onore immeritato;


 

-Inadeguatezza da provenienza.

 

Persone ordinate in fila, ad attendere il proprio turno. Nessuno che tenta di fare il 

furbetto e passare avanti.



Ricordo marciapiedi puliti. Limpidi quasi. Cestini per i rifiuti ovunque e, soprattutto, 

persone che li usano. Ed auto che procedono secondo quel fattore totalmente sconosciuto 

nella penisola che passa sotto il nome di “codice della strada”.


 

E molto altro.


 

Dicevo


 

Una tripla ed una doppia con culla.


 

I passi incerti, la boccuccia aperta e gli occhioni spalancati dall'occupante della culla.


 

Partenza.


 

Ringraziano. Sentitamente.


 

Sorridono.


 

E dalle braccia della mamma, la piccola, incoraggiata dagli altri familiari, accenna un 

movimento della manina.


 

Neanche il tempo di salutare adeguatamente nella loro lingua, con il doveroso inchino che 

imparai a fare laggiù, che vengo assalito dagli asiatici dell'altra sponda.


 

Nessun saluto.


 

Espressioni trafelate di un comandante della Costa Crociere che non vede l'ora di salire 

sulla scialuppa di salvataggio.


 

“Check-in”

“Confilm our shopping toul fol tomollow”

“Wifi passwold”


 

Li ho serviti senza neanche accorgermene, il lavoro scorreva leggero come l'acqua del 

Piave un secolo fa: calmo e placido.


 

Domenica mattina, 40 partenze ed altrettanti arrivi. Più di 150 persone che chiedono 

informazioni sulla città. 7-15 senza soste.


 

E' stato un turno leggerissimo.



domenica 10 agosto 2014

Ettore è uno dei facchini dell'albergo

Dire che è un ragazzo sfigato è dire poco. Diciamo che la sfiga ha trovato casa presso di lui, ecco. Lo accompagna per tutte le fasi della sua vita, sussurrandogli frasi tipo “Come mi trovo bene con te, caro Ettore, è dai tempi del ragione Ugo che non ho un rapporto così intimo con qualcuno”.

Non è solo il fatto che l’ex moglie ha tentato di accoltellarlo (ha 16 anni meno di me ma non si lascia sfuggire alcune esperienza). E' che ogni nuova ragazza che trova lo smolla subito dopo. Ma Ettore è sfigato soprattutto qui dentro. Ultimamente, quando porta i bagagli dei clienti, viene congedato con un “grazie, può andare”. Se gli dessero 1 centesimo per ogni grazie potrebbe comprarsi CR7 e farlo giocare nell’Impruneta calcio a cinque.

1 Periodo di Pitti. Quell’evento dove la città, soprattutto nei pressi della Fortezza da Basso, si riempie di gente con i pantaloni viola e le scarpe gialle. Una roba che andava bene dentro al Franchi quando giocava Spadino Robbiati, ma a giro per la città lascia un po’ a desiderare.
Ad Ettore viene chiesto di accompagnare in camera due signore venute appositamente per questo evento. E manca poco sviene: almeno 40 scatole di roba. Lui le porta su ed ovviamente le clienti lo riempiono di inutilissimi grazie. Le avrebbe mangiate, se non fosse che è un tantino poco legale. Ma il cannibalismo, in questi casi, dovrebbe avere una deroga.

2 Arrivo. Cliente nordica che indica i suoi bagagli; Ettore li prende e li porta in camera. Li posa, ma la signora gli fa: - Grazie, quella valigia è mia, ma le altre 3 no- La signora aveva indicato genericamente la sua valigia in mezzo a quelle presenti, senza specificare attentamente; un gesto annoiato quasi a dire “vai e prendi, servo”, ed Ettore aveva afferrato tutto quello che c’era nella direzione indicata dalla mano della tipa. Ed ovviamente costei, mentre salivano in camera, non gli aveva detto niente per tutto il tragitto. Così ha riportato tutto giù. Anche lì, zero centesimi.

3 Clienti russi. Arrivano affermando che hanno una prenotazione. Il marito parla italiano, quindi, non trovando la prenotazione, gli chiedo:
-Ha prenotato con booking?-
-Si-
Entro su booking e non trovo nessuna prenotazione. Gli richiedo se è sicuro di aver prenotato con bk o con altro sito, magari expedia.
-No, ho telefonato-
Prima mi dice si, poi ritratta e cambia versione. A volte mi par d’essere Grissom: basta indagare un po’ a fondo e le prove saltano fuori.
Vabbè, andiamo avanti. Su costui non c’è nessuna prenotazione. Od il collega del giorno si è dimenticato di segnarla o lui ha chiesto solo informazioni ed ha dato per scontato che gli tenessimo la camera. Entrambe le opzioni sono possibili, ed essendo costui russo, la seconda è probabile al 99%, ma non mi va di mettermi a fare supplementi d’indagine. Neanche mi interessa. Abbiamo una camera, quindi documenti, pagamento ed alla via così.
Dopo di che Ettore li aiuta con il bagaglio, li accompagna in camera e quello cosa gli dà in cambio?
Una banana.
Si,  avete letto bene. Il frutto.
Gli dice –Prenda questa per il disturbo, grazie-
Forse pensava gli servisse del potassio. Ma una monetina con l’uomo vitruviano avrebbe fatto più piacere.

E non è tutto. La settimana dopo a ricevuto una specie di amuleto metallico a forma di mano.

4.Mattina del 1 Gennaio. Non è mai un turno semplice. Non per quel che succede nel turno in sé, quanto per il rituale brindisi della mezzanotte precedente. Il problema è che ci sono degli stronzi che ci si accaniscono contro.
Ettore arriva e va nel bagno della hall, il bagno comune. 
E non trova un bello spettacolo 
Escrementi umani sparsi sul muro e lo specchio.
Cominciare l'anno a pulire la cacca, soprattutto se è quella degli altri, è devastante. Sia fisicamente che psicologicamente.

Sono convinto che un giorno sentirò urla disumane provenire dai piani. Salirò e lo troverò completamente coperto di sangue che si accanisce sui cadaveri di clienti particolarmente bastardi.

Ma avrà un testimone a favore.

ps. ovviamente Ettore, oltre che fan di questo blog, contribuisce con piccole chicche. Piccolo esempio:

turno di lavoro pomeridiano, ci sono lui come facchino ai piani e Maurizio al bancone. Entra un tipo grossotto e rubicondo, il sorrisone di Ceausescu quando ancora trattava a tu per tu con gli altri presidenti del pianeta.
-Ciao, io cerca lavoro-
Lavoratori stranieri, in albergo, ne abbiamo tanti. Si lavora gomito a gomito con ogni continente della terra: Europa dell'est, Asia, Africa, Sud America. Siamo tutti uguali, nel senso che vale la democrazia del sergente Hartmann, ovvio. Quindi Maurizio non si scompone più di tanto: dammi il curriculum, che lo passerò al direttore del personale e, in caso l'albergo avesse bisogno di un nuovo elemento, farà la selezione ed i colloqui del caso.
Il problema, come spesso accade in questo caso, è che il “candidato” comincia a descrivere sé stesso a noi portieri, come se il fatto di essere italiani e vestiti elegantemente facesse automaticamente di noi un potente onorevole da servire e riverire. Non capiscono che siamo lavoratori come loro, e possibili colleghi.
-Perchè io grande esperienza di lavoro in grande albergo di Bucaresti...-
-Si, vabbè, ma 'un tu lo devì di a mè, se il direttore ti 'hiama...-
-Io solleva tante e grosse valigie di cliente americano, io forte. Io ultras di Steaua, tutti ultras di Steaua grande lavoratori! No come pallemosce di Timisoara, o bulgari. Bulgari di Bulgaria, no marca italia di grande moda-
-Senti ciccio, io ci credo, ma ti ridiho che io 'un sono i'dirett...-
-Bulgari tutti stronzi, io no come bulgaro. Io rumeno forte, io solleva e fa pulizie ovunque, io grande lavoratore!-
In quel momento c'è un arrivo, e Maurizio chiama Ettore per il check-in. E mentre il mio collega del bancone parla con i clienti per chiedergli i documenti e dargli la chiave, il tipo prende le valigie del cliente.
Maurizio ed Ettore strabuzzano gli occhi. Ed ovviamente, quando Ettore interviene per fermarlo, lui protesta.
-Ma io lavora qui adesso, io porta valigia, io dimostra che grande e bravo lavoratore-
Ci volle un bel po' a convincere quel matto ad andarsene sotto lo sguardo allucinato del cliente, e che si diventa lavoratori dopo attento e scrupoloso esame. E della direzione, non certo da parte di altri dipendenti.
E fece anche un errore, in quanto Maurizio appallottolò il curriculum per un canestro modello JJ Anderson nel cestino della carta straccia.

Ps2. Novità di oggi, scritta poco prima di andare in stampa.
Mi spiace questo termine, mi fa sentire quasi un giornalista, anche se tale non sono.
Ed a pensarci bene non ci tengo neanche ad esserlo, visto che nel panorama giornalistico italiano si trovano personaggi come Emilio Fede o Vittorio Feltri. O lo staff di studio aperto.
Io sono di più.
Anche se non ci vuole poi tanto.
Dicevo: al momento di pubblicare questo racconto, Ettore è stato mollato dalla sua nuova ragazza.
Coraggio Ettore, siamo tutti con te.

Ennesimo ps. Ettore, quando non lavora come facchino ai piani, pratica idefessamente la sua passione più profonda: la musica. E l'hip-hop in particolare.
Se volete sentire qualcosa su di lui, questo è un suo video:

https://www.youtube.com/watch?v=fqtg_g_HMeI

E questa la sua pagina personale:

https://www.facebook.com/pages/MrEX/45209688175?fref=ts