giovedì 25 settembre 2014

Non si è mai al sicuro.

 

Mai.

 

Puoi nasconderti nel buio della notte, chiudendoti dentro a chiave, ma i mostri sono lì fuori, pronti a sfruttare qualsiasi tua debolezza, qualsiasi minimo errore.

 

Qualsiasi cazzata.

 

Ed io ne faccio diverse. Non è che il sottoscritto sia proprio quel che si dice un fulmine di guerra.

 

La mattina arrivano i ragazzi delle colazioni. Oddio, ragazzi è un termine un po' aggressivo, non è che siano proprio di primo pelo. Il caso umano è Marco, detto Grisù per la sua piromania accidentale; ai tempi che si poteva fumare nei locali, svuotò il portacenere nel sacco della spazzatura. Sacco pieno di cartacce di tutti i cestini della hall, che stava appunto svuotando, e portacenere con la sigaretta di Gianni. Accesa. Risultato: allegro fuocherello nello stanzino delle scope, dove aveva riposto il sacco. Ed a dimostrazione che perseverare è diabolico, l'ha fatto due volte. L'altra addetta è Herr Oberst Marina. Sguardo truce e polso d'acciaio di un ufficiale della wermacht nell'esercizio delle sue funzioni.

 

Come sempre, quando arrivano alla mattina, mi suonano il campanello ed accorro ad aprire. Chiudersi dentro è fondamentale, durante il turno di notte. Perchè la feccia più assurda potrebbe avere la malsana idea di entrare dentro a curiosare, e mi tocca fare come il signor Spock: pace e prosperità ma levati dai 3 passi subito.

 

Ed infatti mi dimentico di richiudermi dentro.

 

Ed ovviamente entra lui, splendido esemplare della flora notturno-mattiniera fiorentina: canotta che fu bianca e sotto le cui macchie pare intravedersi un “Hard Rock Cafè Chiesina Uzzanese”, jeans sdruciti tagliati al ginocchio e fatti diventare allegri bermuda con fili di cotone che penzolano, infradito reduci da 20 anni di guerra del Vietnam e scarpinate sue giù per il sentiero di Ho Chi Min nella giungla, e chissà come arrivate fino a lui. Ed un ciuffo di capelli che, se strizzati, darebbero mezzo litro di extravergine marchio coop.

 

E quell'odorino che fa tanto “l'omo macho ha da sapè di cacio”.

 

Che ovviamente si dirige verso la sala bar.

 

Perciò mi tocca piazzarmi davanti.

 

-Buondì gentile signore. Desidera?-

 

Si ferma perchè, per la nota legge della fisica, un corpo solido che sbarra la strada impedisce ai rompiballe di andare dove gli pare. Guardando oltre il sottoscritto, non riesce a fare altro che alzare la mano ed indicare quel che si intravede nel buio.

 

-Bar- E' tutto quel che riesce a dire. Deduco che non deve avere un ampio vocabolario.

 

-Si, lì c'è un bar. Ma come può vedere dalla mancanza di luci, è al buio. Si chiama orario di chiusura. E' sfortunato, mi spiace. Provi alla stazione-

 

Mi guarda. Da circa un metro di distanza. Non perchè gli piaccia osservare un minimo di intimità; semplicemente, è la circonferenza della sua pancia.

 

Indico l'uscita -Prego, da questa parte-

 

Non pare eccessivamente rassegnato ad andarsene, ora che è riuscito a penetrare all'interno. Fa un paio di passi indietro e mi fa:

 

-Voglio una camera- Stavolta denoto un discreto accento italo-confederato.

 

-Mi spiace, siamo al completo-

 

Osserva le chiavi appese al pannello dietro al bancone -E quelle?-

 

-Ristrutturazione. Muratori. Calcinacci, mattoni, piastrelle, sacchi di cemento. Abbiamo tolto i letti, i sanitari, tutto. Tutto smurato. Mi spiace, provi tra un paio di mesi, dovrebbero aver rimesso a posto. Per essere più sicuro faccia anche un paio d'anni-

 

-Io dormo anche sui sacchi di cemento-

 

 -Non ne avevo dubbi. Arrivederci-

 

-Ma io..-

 

-Arrivederci-

 

Il suo sguardo si fa improvvisamente assassino, allunga le dita della mano a pochi centimetri dalla mia faccia.

 

Io lì fermo, con i sudori freddi.

 

Un ultimo pensiero a moglie, figlie, Borja Valero. Vi ho sempre amati.

 

Gary, scalda i dadi, tra poco giochiamo.

 

Dice qualcosa per me inconprensibile, sicuramente riferito alla mia persona e muro che gli oppongo. Muro non particolarmente resistibile, certo, soprattutto vista la sua mole, ma comunque necessitante di sforzo per abbatterlo. La mia unica speranza, è che pensi che tale sforzo non valga la pena.

 

Per fortuna la pensa proprio così. Minaccia, ma poi si gira e se ne va.

 

Però non è possibile vivere e lavorare così, chiuso dentro neanche fossi un soldato giapponese in un bunker di cemento su una sperduta isoletta del Pacifico. Almeno una mitragliatrice, i miei capi, potrebbero comprarmela.

martedì 9 settembre 2014

“Il libretto di istruzioni è tuo amico” (Paolo Longarini)
“Gli ufficiali prussiani hanno il regolamento anche per andare al cesso” (Sven Hassel)
“Al diavolo le regole internazionali! Invadiamo quella nazione del cavolo!” (Hitler-Bush-Putin)


Oggi c'è mia moglie qui distesa sul divano che non riesce ad alzarsi dal ridere.

Io mi centellino le storie perchè ho paura di esaurirle.

Ma dove? Ma quando?

Un fine settimana di alta stagione dà più lavoro di scrittura delle vicende di una compagnia di avventurieri che deve percorrere mezzo mondo per trovare un mare di lava in cui fondere un anello, quando un crogiuolo Siemens avrebbe chiuso il libro dopo mezza pagina.

In albergo ci sono norme da seguire.

Regole fondamentali come gli orari di check-in o check-out, od istruzioni varie.

Alcuni, queste norme, le trattano come un giocatore di colei-che-non-può-essere-nominata tratta i fischi dell'arbitro: con sorpresa e stupore. Ma come, davvero c'è un regolamento?

O come mia moglie quando parlo di storia o di giochi: che palle!

1. Signora francese. Rientra in albergo alle 22.45 di venerdì..

La doccia non funziona.

Signora, ha detto del problema stamani, quando è uscita? Ne ha vagamente accennato alla mia collega del turno di mattina?

Espressione imbarazzata del soldato delle Sturmtruppen che ha dimenticato di segnare il sentiero sicuro nel campo minato. Ehm.... no.

Je suis vraiment desoleé, ma non c'è più il facchino-manutentore. Pare che la sera abbia bisogno di andare a riposare, pensi lei. Se avesse riferito dell'inconveniente stamani, lo avremmo risolto in giornata. Capisco che sia una scocciatura parlare con les italiens, ma pare che, si, il giorno ci sia un'adeguata quantità di personale altamente efficiente atto alla bisogna. Ormai si va a domani.

Sconsolata, rientra in camera.

Ma chiama subito al ricevimento.

Non mi hanno rifatto la camera!

Poiché sono solo, non posso andare a portargli les salviettes pulite. Non appena arriva Roberto, lo spedisco su a portargli telo ed asciugamano (potrei andarci anche io, ma dopo 8 ore di turno lascio volentieri l'incombenza al buon Roby).

La signora gli tira dietro quelli usati, inviperita.

La mattina dopo, sabato, che sono di nuovo in turno, rivedo la signora.

Alors, madame, funziona così:

Oggi Luciano andrà a sistemarle la doccia. Ora lo sappiamo e risolviamo.

Ma gli asciugamani che vuole cambiati, li ha messi in terra? Perchè c'è un cartello apposito: se non ha reale necessità di avere asciugamani puliti, li lasci attaccati all'appendino, altrimenti li metta sul pavimento.

Un regolamento che, incredibile a dirsi, si trova ovunque su questo pianeta.

La signora rimane un attimo perplessa, come Indy quando scopre che non la pistola non è più nella fondina.

Poi mi richiede la chiave e schizza su in camera. Scende con un sorrisetto imbarazzato.

Più tardi Luciano cambia il bocchettone della doccia, che effettivamente non gettava bene l'H2O.

Ieri mattina, domenica, ha fatto un sorriso a 30 denti ed ha ringraziato sentitamente. Ma avesse letto meglio sugli asciugamani e detto prima del problema alla doccia, si sarebbe risparmiata nervosismo ed un giorno di disagio.

Spero che sia andata a chiedere scusa anche a Roberto.

2. Altra signora francese, sempre della stessa combriccola della precedente.

Arriva al banco e fa per darmi la chiave della camera, ma dalla tasca estrae quelle che sono le sue chiavi personali.

Le osserva con curiosità, quell'espressione che fa tanto “ma che caz...?”, poi alza lo sguardo sul portiere.

-Ho preso le mie chiavi di casa a Parigi invece della chiave della camera...-

Ed io, prendendogli le chiavi: -Bene, è tanto che non vado a Parigi, merci beaucoup-

7 signore francesi ridono di gusto, poi escono per il loro giro agli Uffizi; Luciano invece è salito alla camera a recuperare la chiave.

Spero gli abbiano almeno detto grazie.

ps. non c'entra niente con il tema del regolamento di queste storie, ma mi piaceva.

3.Tre è anche il numero delle matrone argentine dall'età indefinita, più o meno coetane di Evita Peron. Anzi, della nonna di Evita.

Mi chiamano dalla camera, non riescono ad usare la cassaforte.

Dovrebbero esserci le istruzioni proprio sopra, signora, un foglio plastificato.

Uh, non l'avevo visto, gracias gracias.

Riattacco. Ma conosco le mie polle.

Conto fino a tre.

Altra chiamata da un interno. Ovviamente lo stesso interno che mi aveva chiamato pochi secondi fa.

Si, senor, sono sempre io. Mi scusi ma non riusciamo a capire le istruzioni.

Vabbene, allora segua quel che le dico: apra la cassaforte.

All'interno c'è un pulsante verde. Va premuto, perchè cancella il codice precedente, el codigo anterior.

Un momento di silenzio.

Il momento che precede l'esplosione del mostro Aniba colpito da Goldrake. Quell'attimo fuggente durante il quale il cervello della cliente tenta disperatamente di mettersi in moto ma, come un vecchio ciao Piaggio degli anni '70, non ne vuole assolutamente sapere.

-Y qual es el codigo anterior?

Signora, non lo so, è il codice che il cliente che aveva la camera fino a stamani ha usato per bloccare la cassaforte. Una volta cancellato, potrà mettere il suo: la data di nascita, quella della sua trisnipote, i suoi anni di età (3 cifre, e la prima non è l'uno), una cosa così.

Bene, grazie, muy muy amable.

Luciano è accanto a me, sta sistemando i fogli delle cameriere.

-Luciano, c'è da aiutare le signore che hai accompagnato in camera due minuti fa ad usare la cassaforte-

Senza neanche alzare gli occhi dai fogli, mi fa: -Te l'hanno chiesto ora?-

-No, ancora no-

-Dai già per scontato che non ce la faranno da sole?-

Ci penso un attimo, preso da un eccesso di ottimismo: -Dai, aspettiamo, magari ci sorprendono-

Chiamata da un interno.

E Luciano, sempre senza alzare gli occhi dai fogli delle cameriere: -Non ci hanno sorpreso-

Ed è salito su ad insegnare alle vecchi carampane argentine ad usare la cassaforte.

4.Mia moglie, turno di pomeriggio.

Attende un solo arrivo, Monsieur Jean qualcosa da Marsiglia.

Entra una coppia; la donna si avvicina al banco:

-Buonazera, noi fatto prenotazione, ja-

Decisamente, non è una coppia di Marsiglia.

I casi sono sempre due: od hanno sbagliato loro, od abbiamo sbagliato noi. Perchè si, noi portieri non siamo perfetti. Siamo umani. Sbagliamo. Una prenotazione può andare persa. Inserita su date errate. Un fraintendimento con il cliente, chi lo sa? Il punto è che occorre capire cosa è successo, e l'unico testimone è il cliente stesso.

Il problema è che quando gli chiedi informazioni, ha la stessa ritrosia a fornirle del colpevole dell'omicidio su cui indaga Grissom.

La prima domanda è se è sicura del nome dell'albergo: xxxxxx.

Zi, zono zigurissima, io prenotato qui.

Ha prenotato con posta elettronica? Su un portale internet?

No, io telefonato.

Ha telefonato. Ma noi portieri teniamo sempre un qualcosa di scritto, uno straccio di foglio che riporti nome, date di arrivo e partenza, tariffa, tipologia di camera, eccetera. Qui non si trova nulla. Mia moglie ripete: signora, è sicura di aver prenotato all'Hotel xxxxxx?

Zi, io zicura.

Si ricorda con chi ha parlato?

Zi, io parlato con uomo.

Quindi ha chiamato di notte.

No, io chiamato giorno.

…..

Signora, di giorno, in questo albergo, ci sono solo donne. Gli uomini li trova la notte. Più bradipi che uomini forse, ma le voci maschili ci sono solo in quegli orari. Quindi (terza volta): lei è sicura di aver prenotato all'Hotel xxxxxxx?

La signora crucca, nel suo italiano che farebbe la felicità di un mai abbastanza compianto Bonvicini  od un qualsiasi suo lettore, ripete di essere sicura. Al cento per cento.

Ora, la taglio un po', ma sappiate che la domanda “E' sicura di aver prenotato all'Hotel xxxxxxx?” sarà fatta altre due volte. Alla quinta, la signora ha un minimo di tentennamento. -Kiamo mia madre a Vienna, lei fatto prenotazione-

Ed in quel momento, la signora accenna, col marito, all'Hotel yyyyyyyyy. Che è nella stessa via, neanche tanto lontano dall'Hotel xxxxxxxx. Ma se pensate che abbiano un minimo di assonanza, vi sbagliate di grosso. Proprio non si potrebbero usare per farci una rima. Neanche lontanamente. Semplicemente la coppia austriaca si è limitata ad entrare nel primo albergo trovato nella via, senza curarsi di leggere il nome scritto sulla porta, o di ascoltare la domanda postagli per ben 5 volte.

5.Sempre mia moglie, arriva una telefonata.

-Hotel xxxxxx buongiorno sono Sara, come posso aiutarla-

-Buongiorno, volevo prenotare la sua camera da 48 € per il 20 e 21 Settembre, ma non ci riesco-

Una camera ad un prezzo così basso, in un periodo così alto, è come pretendere che Schettino non sia osannato come un vip e non gli chiedano autografi, come sperare che gli indiani ci rendano i marò, come illudersi che colei-che-non-puòessere-nominata ci restituisca lo scudetto dell'82.

Come recita il sito dell'albergo, di tutti gli alberghi, i prezzi sono A PARTIRE DA. Il che significa che 48 € è il costo di una singola un lunedì di dicembre o febbraio, non di una doppia un fine settimana di settembre.

La Sara ripete queste informazioni alla cliente, che sperava di fare un colpo gobbo pagando così poco senza leggere niente e senza ragionare che una camera a quella tariffa, a settembre a Firenze, è, come dice mia moglie, un sogno pornografico con Raul Bova; bello, ma non è la realtà. E non riusciva ad usare il sito. E chiedeva:

perchè non riesco a prenotare?

-E' semplice signora, perchè in quei giorni siamo completi-

-Ah, quindi non ci sono camere disponibili a 48 €?-

-C'è una singola lunedì 15 dicembre, le interessa?-

Ha riattaccato.

ps. non voglio discutere delle pessime scelte maschili di mia moglie. Semplicemente, ci rientro anche io.