venerdì 27 marzo 2015

Le giustificazioni, nella vita, sono necessarie solo in due casi: sul lavoro ed a scuola.
Sul lavoro occorre il certificato di malattia del medico curante. In certi casi, non c'è neanche bisogno della malattia. Soprattutto se si è vigili urbani a Roma.
A scuola, invece, è doveroso che le autorità competenti sappiano la causa.
Perchè il giorno x non sei venuto a scuola?
Ed occorre scriverlo, il motivo.
Uno dei miei compagni di classe delle superiori, ad esempio, mancò da scuola venerdì 5 Aprile 1991.
Il lunedì successivo riferì al prof il motivo della sua assenza: ero allo stadio a preparare la coreografia della curva Fiesole per la partita di sabato 6.
Il prof scrisse letteralmente il motivo dell'assenza sul registro di classe. Effettivamente, scrisse anche il risultato: 1-0 per noi.
La più bella partita di sempre. Peraltro, c'ero anch'io, quel giorno, in curva Fiesole.

Per tutto il resto, dicevo, le giustificazioni non sono necessarie. Sono scelte di vita. E molto spesso non occorre proprio darle.
Anzi, direi che non si devono proprio dare.
Ma come ho detto spesso, la privacy è una legge completamente inutile, perchè è così bello spiattellare i fatti propri a perfetti sconosciuti. Soprattutto se il perfetto sconosciuto è un portiere d'albergo.
Il fatto è che ci sono clienti che considerano il portiere come il loro miglior confidente. Anzi, l'unico. Un perfetto sconosciuto che viene visto si e no 3-4 volte nel corso del soggiorno. Già al secondo incontro siamo amici del cuore, persone a cui confidare tutti i propri segreti più intimi.
Quando cominciai questo lavoro, venti anni fa, venne in albergo una bella donna, responsabile per Firenze di un centro vendita commerciale presente in tutta la penisola. Già alla seconda notte mi confidò i ¾ della sua vita: separata ma in buoni rapporti con l'ex marito, i problemi di famiglia, il nuovo uomo che era una vera scocciatura (disse peste e corna) ed un sacco di altre cose che ho prontamente rimosso dalla testa perchè non mi interessavano. Se ne stava lì appoggiata con i gomiti sul bancone a parlare per ore.
Io cercavo di lavorare e lei cianava senza soluzione di continuità.
Poi cominciò a portare in camera il nuovo tipo: basso, tarchiato, panzone, riportomunito e con perenne toscano in bocca. Un Tonino Carino da Ascoli ma con la simpatia del mostro di Milwakee. Non gli sentii mai dire un buonasera od un ciao. Neanche con lei. Ad un certo punto cominciò ad arrivare in albergo senza nemmeno che noi portieri si fosse stati avvertiti preventivamente. Semplicemente, ci chiedeva la chiave della camera e saliva. Noi lo registravamo (ormai i dati erano memorizzati nel sistema) ed addebitavamo il supplemento. Che ovviamente pagava la signora, non certo il gruppo commerciale per cui lavorava.
Un giorno venne anche l'ex marito, che restò un paio di giorni. Ottimi rapporti, direi.
Alto, massiccio, bel viso sbarbato, non fumatore e soprattutto sufficientemente gentile.
La gente ha gusti strani. Neanche poco.
Ogni tanto, quando era senza uomo o marito, rientrava nottetempo con altri uomini. Da professionista quale penso di essere, non mi facevo troppi problemi, mi bastava avere un documento. Solo che poi la notte dopo lei sentiva il bisogno di scendere a confidarsi. Io decisamente ne avrei fatto anche a meno, ma ormai ero stato eletto amico del cuore. A mia insaputa. Con il mio collega notturno di allora, Luca, era ancora più in confidenza.
Non voglio pensiate che sia un moralista. Ero anche tentato di dirglielo, che non doveva giustificarsi con me di avere così numerosi ed occasionali amanti; era la sua vita e poteva disporne come desiderava. Semplicemente, io svolgevo il mio lavoro e basta. Certo, adoro spettegolare (come se ne evince leggendo il blog) ma per il resto non sono affari miei. Vendo camere, svolgo un servizio, fine della storia. Qualsiasi cosa, tu cliente, fai in camera, non deve interessarmi; a meno che non rompi qualcosa. O fai un tale fracasso che i clienti delle stanze accanto vengono a lamentarsi.

Autunno scorso.
Arrivo alle 22.45, e trovo Maurizio che lavora a testa bassa. Sul divano davanti alla hall, un cliente. Sul bancone, una bottiglia di birra.
Vado nel retro a timbrare, ed il Mauri, con l'espressione di Rambo in partenza per il compiere il massacro, mi segue a ruota e, sottovoce che mi sembra di essere un carbonaro risorgimentale, mi spiega: il tipo è lì da un'oretta buona, con la birra posata lì sopra (e noi dobbiamo lavorare, spesso con fogli vari, pratiche o mappette varie sparsi sul bancone) che ogni tanto gli chiede qualcosa, poi esce a fumare, poi torna a dare un'altra gozzata alla birra... tutto così, un vero snervo. Perchè è vero che il nostro lavoro è stare al pubblico, sotto gli occhi dei clienti, che dobbiamo riceverli all'arrivo, dargli tutte le informazioni sulla città e fargli la ricevuta alla partenza, ma avere uno che ti fissa continuamente è uno stress, un fastidio non indifferente. Se non hai bisogno dei miei servizi, perchè mi stai ad osservare?
Perciò mi accingo a cominciare il turno di notte con questo tipo davanti a guardarmi, sperando che gli effetti dell'alcool facciano presto presa su di lui e lo portino a salire in camera per abbandonarsi tra le braccia di Morfeo.
Ma sono ben altre braccia quelle in cui vuole abbandonarsi.
Andato via Maurizio, questo tipo, della mia età ma che potrebbe portare decisamente meglio, viene al banco per parlarmi.
-Lei è il portiere di notte?-
-Buonasera. Si, per stanotte sono il notturno-
Ora, sapete che io non sono un tipo molto sveglio che che impiego un bel po' di tempo per arrivare a comprendere qualsiasi cosa ed ho serie difficoltà anche con la logica vulcaniana, proprio non pensavo assolutamente a quel che cercava costui. Tenete anche conto che in centro a Firenze queste cose non accadono spesso, perchè qui, come dozzine di altre volte ho detto, vengono i turisti. Ed i turisti visitano la città. Non si mettono a fare certe cose dopo aver passato ore ed ore dentro gli Uffizi. Filano dritti a dormire. E poi in quei giorni a Firenze c'era un congresso di non-so-cosa ma eravamo pieni di italiani alloggiati da noi od altrove che si ritrovavano per discutere di lavoro o solo cazzeggiare. Fatto sta che proprio non immaginavo le intenzioni di costui, che mi dice:
-Deve venire una persona a trovarmi-
E quel bischero del Marcello pensa che sia un collega che alloggia altrove e deve portargli dei documenti, o parlare di lavoro, o guardare una partita in tv, o collegare i pc per giocare a COD, o trincare birra, o qualsiasi altra cosa che possono fare due uomini fuori casa. Perciò replico:
-Nessun problema-
E lui, bello contento e felice della mia frase, butta giù il carico da 11:
-Sa, è una mia amica-
E lì, come Jack, ho l'illuminazione; la luce.
Il tipo vuole portarsi in camera una tipa, al 99% una professionista, una mercenaria del sesso.
Vorrei alzare gli occhi al cielo e tirare giù, da bravo toscano fedele alle tradizioni locali, svariati panthon mitologici. Attuali e dimenticati.
Una prostituta, in albergo, può essere una scocciatura profonda. Guido, un collega milanese, ebbe una disavventura non indifferente quando, alle 3 di notte, una tipa si mise a litigare con il cliente in camera, quasi sicuramente per discordanze su tariffe e prestazioni. Ebbe difficoltà a farli smettere perchè si erano chiusi dentro a chiave, e quando finalmente la finirono tutto il resto dell'albergo era lì, in pigiama davanti alla camera, più con curiosità e divertimento che per il fatto di essere stati svegliati da urla belluine. E, come sempre in quei casi, la professionista se ne andò giusto poco prima dell'arrivo dei caramba.
Quindi il terrore che mi possa accadere una cosa del genere è sempre stato presente in me, e per questo motivo, i maschi che mi chiedono la classica “coperta”, li indirizzo altrove: ve la cercate con internet ed andate da lei. Qui non ce la portate. Come è successo neanche tanto raramente.
Questo qui invece ha già fissato con lei in albergo. E non è finita, perchè lui, rotto ormai il ghiaccio, aggiunge:
-Sa, è una trans. D'altra parte, noi uomini sentiamo, ogni tanto, queste esigenze trasgressive-
.
Carissimo cliente connazionale che, ormai diversi mesi fa, mi sparasti addosso questa stupefacente affermazione: a me non interessa quali sono le tue esigenze. E' la tua vita, non la mia. Viviamo, per nostra grandissima fortuna, in quello spicchio di mondo libero, e quindi puoi fare ciò che ti pare. Anzi, è giusto che tu faccia ciò che ti pare. Solo mi chiedo: perchè senti il bisogno di giustificarti con me? Hai paura di ciò che penso? Che ti giudichi? A parte che non ne ho nessun diritto e non ci conosciamo neanche, non starò ad alzare verso di te l'icona di Cristo inchiodato dai militi della XI legio Pannonia ed urlarti “pentiti!”, anche se potrebbe essere interessante vedere la tua espressione in tal senso. E' lampante che soffri di un senso di colpa grande come l'universo visibile da Hubble, ma non sono affari miei. Non mi interessa sapere se ti senti in colpa perchè stai tradendo il/la tuo/a compagno/a, o forse perchè sei single ma stai per compiere atti considerati impuri da qualsiasi religione ad eccezione del pastafarianesimo (il che fa capire perchè il pastafarianesimo sia una religione migliore di tutte le altre. Anzi, l'unica seria).
-L'importante è che questa persona mi lasci il documento- dico con lo stesso tono da “S'è beccato 5 go' da' gobbi 'n casa”
-Sisisi, nessun problema- E detto ciò, bello garzullo e felice, si fionda fuori ad attendere la sua bella e fumare un'altra sigaretta.
Dopo una mezz'oretta arriva: una stangona bionda con tette della grandezza di un pallone originale NBA e labbroni da canotto di salvataggio. Già a conoscenza delle regole dell'albergo (chissà perchè) mi lascia il suo documento e sale in camera con il tipo. Che per lo meno si porta dietro la bottiglia di birra che era appoggiata sul bancone (la terza, perchè nel frattempo me ne aveva chieste delle altre).
Non passano neanche 10 minuti che lei scende.
-Ciao, hai altre cose da bere?-
Perciò la portai al bar dove le diedi le ultime bottiglie di birra rimaste in frigo ed una di vino bianco. Al che gli chiedo:
-Addebito sulla camera, immagino-
E lei, ridacchiando e facendomi l'occhiolino:
-Certo, paga lui-
Chissà perchè, me lo immaginavo, ma una conferma fa sempre piacere. Poi lei si dimostra tranquilla e sicura, quindi la cosa mi rilassa alquanto. Ci scambiamo due sorrisi ed alla via così.
Alle 2 scesero entrambi, mi danno la chiave ed io le rendo il documento, e poi a lui spiego che quando fosse rientrato, avrebbe dovuto suonarmi il campanello perchè mi chiudevo dentro, come sempre quando sono di notturno. Ma non ce n'era bisogno. Rientrò qualche minuto prima che staccassi, alle 7, quando ormai avevo già riaperto il portone del forte.
Per fortuna, da solo. Ma testa bassa e, una volta presa la chiave, di corsa in camera.
La prossima volta, se torna, glielo dico: oh, fattelo passare 'sto senso di colpa. E smetti di giustificarti. Non sei al lavoro e tantomeno a scuola.
E poi, tranqui, con me, non servono giustificazioni.
Anzi, non le voglio proprio.

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