sabato 31 ottobre 2015

Questa mattina Mattia, lo studente dell'Istituto Alberghiero che ha lo stage presso di noi, si è presentato in albergo così, come da foto.

Alla Georgiana è presa una sincope. Manca poco lo strozza. Lo ha maledetto fino alla 15^ generazione.

Vista la nazionalità della Georgiana, se ha anche solo una lontanissima parentela con il conte Vlad, non la vedo bene per Mattia.

Ogni tanto bisogna scherzare un pò, se non si vuole sclerare.


venerdì 30 ottobre 2015

L’Asia si divide in due categorie:
-Il Giappone;
-tutto il resto.
Superfluo aggiungere che le note dolenti arrivano quasi sempre da “tutto il resto”.


1.Due ragazze cinesi. Sono in partenza ma escono la mattina. E si portano via la chiave.
Ora, che si portino via la chiave non va bene. La chiave va sempre lasciata al bancone. Ma capita. Lavoriamo in un porto di mare, è tutto un viavai di persone, e qualcuno ci scappa. In ogni caso la partenza è alle 12.00, e c’è tutto il tempo per farsi un altro giro in città. Firenze è Firenze, quando mai ricapita di passeggiare in questo glorioso centro storico?
Solo che, per le 12, queste due non sono ancora rientrate.
Si arriva al cambio turno, le 15, ed ancora niente.
Il facchino viene mandato a controllare la camera. Magari il bagaglio è stato preparato, cosicchè lui possa almeno portare giù due valigie che sicuramente hanno il peso complessivo di uno Jagdpanther.
Invece no. Le loro cose sono tutte sparse per la camera.
Morte e dannazione!
Si ricontrolla la pratica: tutto ok, partenza prevista in data odierna. Tutto pagato tranne la tassa di soggiorno.
Ora, uno pensa: magari sono così svagate che hanno dimenticato che la partenza è oggi. Succede più spesso di quanto uno non immagini. I turisti sono in vacanza. I giorni passano leggiadri tra un museo e l’altro e non ci si rende più conto delle date. Sono tutte domeniche. Per chi non lavora di domenica, ovvio. Il problema è che la camera serve, e va liberata. Perciò il facchino deve portare giù tutto. Riempie vari sacchetti, chiude le valigie e mette tutto in deposito. Questa cosa è sempre una scocciatura, perché se il cliente se ne esce che gli manca qualcosa, viene direttamente da noi, che nella sua roba ci abbiamo messo le mani. Per questo invitiamo tutti a preparare il bagaglio.
Maurizio, collega del pomeriggio, viene adeguatamente istruito alla bisogna. Occhio a due tipe cinesi che potrebbero voler salire in camera a metà pomeriggio. Gli va detto che non sono più qui da noi. Devono dare la chiave, pagare la tassa e fare come i’Baglioni.
Maurizio, in queste cose, è sempre molto attento. Come un moderno Giovannino Minoli, il Mauri sta vigile e guardingo, e quando, verso le 19, due ragazze dagli inconfondibili lineamenti asiatici gli sfilano davanti al bancone in direzione ascensore, le blocca subito:
-Excuse me, where are you going?-
E queste due, con tutta la tranquillità di questo mondo:
-Room. Check-out-
Ah.
Allora non eri svagata, ma proprio convinta che la camera fosse tua tutto il giorno! E l’orario del check-out? Forse che in Cina ci si può tenere una camera fino alle 24 del giorno della partenza?
E’ chiaro che queste si facevano i comodi loro. Alla faccia delle regole e del resto del mondo.
Ovviamente Maurizio nega loro la possibilità di salire su. Anche perché la camera era rivenduta per quel giorno. Se il cliente arrivava prima che tu te ne andassi? Lo facevamo aspettare mentre la signorie vostre, concubine reali, non decidevate, graziosamente, di liberare la magione?
Il Mauri si fa dare la chiave, le fa pagare e gli dà il bagaglio. Non protestano neanche. Prendono la loro roba, la suddividono (perché il facchino non poteva certo sapere di chi era ogni oggetto presente) e si piazzano nella hall, con le valigia aperte, a ficcare tutto dentro. A scambiarsi mutandine da un sacchetto di plastica perchè queste sono mie e queste sono tue. Poi, finalmente, chiudono e se ne vanno.


2.Coppia indiana. All’albergo dove lavora mia moglie.
La signora scende quando c’è la Viviana, e chiede dell’acqua calda.
La Vivi riempie una teiera e gliela porge. Se è solo acqua calda, non la facciamo pagare.
Poi l’indiana chiede tazzine. Ok tazzine. Poi dello zucchero. E prenditi anche lo zucchero. Ma poi chiede anche una bustina di tè.
E la Vivi, ovviamente, le comunica che questa deve pagarla.
E l’indiana, come altrettanto ovvio, fa l’indiana: Oh! Isn’t free?
Ma certo che non è free!
Al che la signora, anche un po’ risentita, prende solo la teiera, tazzine e zucchero.
Ma la Vivi riferisce la cosa alla sua collega Sara, alias mia moglie. La Sara è furba, non la si frega facilmente. Non ci riesce l’italiano che l’ha sposata, per quanto sia il tipo che è, figuriamoci un’indiana.
E puntualmente la tipa scende quando è in turno lei, lo stesso pomeriggio. E chiede le stesse cose. E la Sara gliele dà, ma con la notizia che acqua calda, tazze e zucchero ok, sono free, ma la bustina di tè no, va pagata.
Chiaramente la cliente rifiuta la bustina ed afferra tutto il resto.
ps. mia moglie riferì della furbetta anche alla collega Cecile. Non sappiamo se l'indiana ha provato il giochetto anche con lei, ma è probabile di si. Ed altrettanto probabile che la Cecile l'abbia rimbalzata allo stesso modo.

mercoledì 28 ottobre 2015

にほんごじょずですね.

Le giapponesi non lasciano la mancia. Regalano dolcetti. Nel caso della prima foto, proprio oggi, dolcetti di Halloween.

Voi direte: erano meglio soldi.

Sticazzi, ho avuto una decina di euro di dolcetti.

Stasera godo. Cioccolata, come Homer. Ogni tanto, ci vuole anche questa.




venerdì 23 ottobre 2015

Golda Meir, una volta, disse: “Quello che non ho mai sopportato, in Mosè, è che ha fatto girare noi ebrei per tutto il Medio Oriente per portarci nell'unico posto dove non c'è il petrolio”.
Ecco, il problema di ebrei e/o israeliani non è tanto la loro insistenza su avere, in albergo, servizi non richiesti precedentemente senza pagarli, o la guerra con i palestinesi (colpa a mio parere condivisa 50 e 50) o la recente incredibile rivalutazione del fuhrer. Il vero problema è che sono totalmente privi di senso dell'orientamento. Soprattutto quando sono alla guida di un mezzo a motore. Che si tratti di un'auto o di un Merkava.


Diego, collega dell'altro albergo della ditta, turno di notte.
Poco prima della mezzanotte, arriva un'auto, da cui escono due coniugi che, all'apparenza, dovevano essere con Mosè nel passaggio del Mar Rosso.
E si presentano al banco, a chiedere di fare il check-in, provocando una seria ed allarmata preoccupazione nel mio collega, in quanto l'albergo è già al completo. E paventa un possibile errore con conseguente “overbooking”. Il terrificante evento in cui si hanno più prenotazioni che camere disponibili.
Ed invece, davanti al suo sguardo esterrefatto, i due israeliani gli porgono un voucher su una prenotazione di un albergo con lo stesso nome.
Ma a Chianciano Terme.
Al di là dell'egoistico pensiero di ogni portiere, e cioè “C**o me ne frega, non è un errore nostro ma loro, fiu, l'ho scampata da profondissime scuse e ricerca di un altro posto dove alloggiarli”, Diego gli spiega che hanno sbagliato città. Sono a diverse centinaia di chilometri di distanza.
E questi due, quasi come se la cosa fosse di minimo conto, se ne vengono fuori con quest'espressione: “And so on?”
Che evidentemente, nel loro rudimentale inglese, equivale a “E quindi?”
E quindi non avete una prenotazione qui”
E quindi?”
Uno rimane spiazzato davanti a queste dichiarazioni. E' brutto dire ad un cliente “E quindi andatevene un po' dove vi pare, cazzo me ne frega a me?”. Prova a spiegargli, ad aiutarli, a fornirgli comunque un minimo di assistenza, ma questi due, a qualsiasi cosa dica, rispondono con “And so on?” Poi si riprendono, capiscono che hanno fatto una cappellata di proporzioni galattiche e gli chiedono una camera. Ma essendo pieni, Diego gli deve dire che non c'è, e non può accomodarli.
I due si guardano come se Diego fosse Mosè che gli ha appena detto “Ora le acque si aprono e passiamo, tranquilli. C'ho il telecomando, è un Farc, l'ho installato l'altro ieri”
E poi se ne vengono con la solita domanda: “And so on?”
And so on.... you have to go”
Where?”
E lì Diego ci ha pensato. E lo stava per dire. Poi ha preso il foglio della loro prenotazione e gli ha detto:
To Chianciano Terme!”
I due sono usciti, mezzanotte passata.
Di un mese fa.
Secondo me sono ancora per strada.

venerdì 16 ottobre 2015

-Te! Dico a te, unico uomo di questa casa, che sei sempre a cucinare robaccia immonda! Elemento inutile e dannoso! Accorri al cospetto della tua signora e padrona!-


Preciso subito: mia moglie non mi tratta sempre così. E' la donna più dolce e premurosa del mondo. Semplicemente, spesso si permette di ricordarmi chi porta i pantaloni in casa.


Mi rifiuto di muovermi. Cucinare per me richiede concentrazione. Sentimento. Passione. No rotture di balle. Solo sostanze buone, naturali, biologiche. Certo, mi pagassero, pubblicizzerei pure io, come Cracco, immondi prodotti industriali a base di patate per il 3% e di olio di palma e grasso idrogenato per il restante 97%. Quindi posso permettermi il lusso di affermare che sono un cuoco autentico, sincero, che predilige i veri sapori.


'fanculo, preferirei i quattrini.


-Quello che sto cucinando sono prodotti dell'orto di di tuo suocero, nello specifico melanzane e basilico-


-E formaggio! Quello schifoso troiaio puzzolente! Lo sai che lo odio! Mio suocero deve portare il fungo porcino, è per quello che ti ho sposato-


-Spiacente, ma se non piove, i funghi si ostinano a non crescere. Dalla montagna, e dal supermercato, sono arrivati altri prodotti; mozzarella e melanzane si sposano alla perfezione, mentre per le lasagne al pesto, oltre a basilico e pinoli, ci vuole il parmigiano. E' la morte sua-


-Sarà la tua, di morte, se non accorri qui e non ti prosti ai miei piedi-


-Come dice Thomas Milan quando interpreta monnezza: “stoca**....


-Schnell! Kommen sie! Los, los!-


Conosce i miei punti deboli. Sa che agli ordini in tedesco, benchè non lo parli, non riesco a resistere. Accorro.


Come sempre, la trovo sul divano.
La posizione sul divano di mia moglie è la seguente:
corpo totalmente disteso a coprirne la totalità. Al resto della famiglia, maschi in particolare, qualsiasi porzione del divano è verboten
testa appoggiata su 3 cuscini (il quarto sta sotto ai piedi)
tazzina di caffè sul bracciolo
copertina. Anche in piena estate, lei è distesa sotto la copertina.
Linus non può competere.
Ed infine: tv accesa su quel cavolo di Grey's anatomy, che la7d si ostina a trasmettere ad ogni ora del giorno e della notte, peggio di peppa pig.
Stronzi.


Ma accorro perchè:
-Sara, devi smetterla di parlarmi in tedesco. Il tedesco mi fa lo stesso effetto dello spagnolo sul personaggio di Jamie Lee Curtis in “Un pesce di nome Wanda”: ingrifa da morire-


-Meglio che te la fai passare, “bello”. Ora stai qui e mi ascolti, invece trastullarti con pesto e melanzane-


-Sono tutt'orecchi, mia signora- Dopo di che mi volto ed afferro dalla libreria il mio fumetto preferito, quello dove Calvin urla “Girls suck!”


-Tanto lo so che mi ascolti. Dunque, martedì ti ho permesso di andare a vedere il concerto di coso lì, quel satrapo...-


-SATRIANI! Joe Satriani. Lo so, e te ne sono grato. Ancora di più se lo pronunciassi meglio. E comunque la cosa è reciproca. Martedì prossimo sei tu che vai al concerto del tuo gruppo preferito, su a Milano-


-Le mie amiche, con grande e profondo disappunto, mi hanno dato buca-


La mia mente si illumina, lo sguardo si alza dal fumetto. Moglie a casa con le bimbe significa serata libera per l'uomo. E non c'è il turno di notte in albergo. Perciò amici! Perciò giochi! Perciò birra! In settimana mi aveva chiamato il buon vecchio Copo, per tornare, dopo anni, a giocare a World in Flames. Mappe! Dadi! Pedine! Una banda di nerd che muovono corpi corazzati nella steppa russa! Manovrano possenti flotte nell'immensità del Pacifico! Lanciano la fanteria all'assalto tra le dune del des...


-Perciò ho deciso che tu mi accompagnerai-


Crack. Un mondo che va in frantumi. Il risveglio brutale ed intenso proprio mentre si sta sognando.


-E non ti permetto obiezioni! Tu sei nato per servire-


Purtroppo è proprio così. Come portiere d'albergo, offro un servizio. Cerco di svolgere al meglio il mio lavoro. Come marito, pure. Sono un bravo soldatino. In fondo, eseguo solo gli ordini. Ma questo lo dicevano pure le ss, quindi meglio evitare. Si fa perchè, in fondo, fa piacere.


Turno di centrale.


Personalmente preferisco il contatto con il cliente, ma bisogna fare anche questo. Stare nel retro a gestire le prenotazioni. Scaricare la posta. Rispondere alle richieste telefoniche od elettroniche. Sta roba qua. Sicuramente meno stancante che non stare in piedi al bancone. Decisamente meno stressante che non avere a che fare con i cinesi che “HOT UOTAAA!” o “UAIFAI” senza un buongiorno od un per favore che dimostra come il grande balzo in avanti del signor Tze-tung era la conquista dell'educazione e della cortesia, altro che quello dei mercati. Vabbè, è lavoro. Si manda avanti la carretta. Palla avanti e pedalare.


Come si dice a Firenze, facciamola poho lunga.


Sto ricontrollando le prenotazioni del giorno dopo, quando mi cascano gli occhi su una richiesta, bella evidente su una prenotazione d'agenzia.


No, dico... aspetta un momento...


Mi levo gli occhiali per leggere meglio.


Non ci sono dubbi. La richiesta è esplicita e semplicemente fenomenale. Potete vederla sulla foto, ma la riscrivo, perchè è troppo mitica:


Ci piacerebbe trovare una foto de Julio Iglesias sul tavolino. Grazie mille”


Afferro la prenotazione e mi guardo intorno. Sul momento l'unica cosa che penso è “Ed ora?” Ma poi mi ricordo che nell'altro albergo della ditta hanno la stampante a colori. Così potrò stampare un'immagine del cantante da far mettere sul tavolo in camera. Afferro la pratica e mi fiondo fuori, mentre il collega al banco si chiede dove cacchio stia andando alla velocità di un missile russo diretto in Siria. Percorro i venti metri di distanza zigzagando tra i turisti che riempiono la via ed entro nell'albergo meglio di come faceva Tomba con i paletti dello slalom. Lì trovo Diego, anche lui di centrale, che mi ragguaglia su dei clienti capitategli alcuni giorni prima su un turno di notte (storia che peraltro ho già scritto e che prima o poi pubblicherò). Poi gli faccio leggere la richiesta del mio prossimo cliente. Dire che si è ribaltato dal ridere è poco. Ci fiondiamo al pc per scaricare le immagini di Julio da google:


-Questa! Prendi questa che indica con il dito. E' m-i-t-i-c-a!-


Stampiamo; poi, dopo i saluti di rito, torno al mio albergo dove faccio leggere la richiesta del cliente a tutti i miei colleghi, e far vedere la foto appena stampata. Ovviamente, suscitando l'ilarità generale. Ma anche una certo piacere nel soddisfare una legittima richiesta di un cliente; in fondo, nella sua bizzarria, semplice da realizzare.


Fossero tutte così, il lavoro sarebbe bellissimo. Ma purtroppo, non lo è. Spesso e malvolentieri, sono richieste impossibili. Ma oggi, per una volta che capita, è una facile.


ps. mia moglie tende a precisare che non è arpia come la dipingo, e che non è vero che mi ha costretto a seguirla a vedere i Take That a Milano, e sono lieto di affermare che ha pienamente ragione. Soprattutto, non è vero che cucino troiai immondi, anche se il formaggio continua a non piacergli. Semplicemente, non ce la facevo a vederla triste dopo che le amiche gli avevano dato buca, così mi sono offerto di accompagnarla, ed ha immediatamente ritrovato il sorriso. Abbiamo passato due giorni solo io e lei, i giorni liberi che hanno chi, come noi, lavora in albergo, cioè giorni feriali. Cantava con passione le canzoni di Gary & co, e comunque, al di là dello spettacolo patinato con ballerini e coreografia studiata a tavolino che neanche per un piano militare, era pur sempre un concerto con una band che suonava. Il che va sempre bene. Mi sarebbe piaciuta un'espressione di contentezza anche dai clienti che volevano la foto di Julio, ma non ci hanno detto niente. Da loro, soddisfazione zero.
Uno si sbatte, e poi....


pps. Joe Satriani, per la qualità della musica e del pubblico, era molti livelli superiore.


ppps. All'ingresso del palazzetto di Assago: “Prima di entrare, facciamoci un selfie! Voglio far schiattare d'indivia le mie amiche”
Ok, devo tirare fuori il bastone?”
Marce! Piantala di fare lo scemo!”
A parte il fatto che sono maschio e non posso esimermi dal farlo, se mi alzi la palla, io schiaccio, è ovvio!”




venerdì 9 ottobre 2015

Spocchiosi, arroganti, presuntuosi, supponenti, litigiosi, polemici…

Quanti altri aggettivi si possono trovare per descrivere i fiorentini?

Diciamola tutta: ‘un si garba punto. Ora poi, che siamo primi in classifica, in molti ci odiano proprio. Gli garberebbe rivedè l’Arno che se ne va a giro per il centro (evento che capita solo quando si tratta di mantenere vergini certe tipe).

Raga, tranquilli: a fare danni, ci pensiamo noi fiorentini stessi, che ci odiamo a tal punto da tenere fermi i bus nei depositi, in uno sciopero che, anche lì per qualche strana congiunzione astrale, cade sempre e puntualmente di venerdì. Oppure con il fantasmagorico blocco delle centraline dei taxi; magicamente, vanno in tilt solo ed esclusivamente quando in comune dichiarano che avrebbero immesso più licenze taxi, e la cosa più stupefacente è che i tassisti, quando si arrabbiano, si riuniscono in assemblea in una casa del popolo. Che è un po’ come se Briatore, invece del Billionaire, decidesse per una sera di andare alla Festa dell’Unità di Agliana. E venisse accolto a grandi pacche sulle spalle.

Ci salvano i turisti, che amano Firenze a tal punto da venire qui costi quel che, tra scioperi di ogni tipo, disservizi vari, traffico impazzito, costi altissimi, tasse di soggiorno e chi più ne ha più ne metta.

Non tutti, purtroppo.

Turno pomeridiano.

Benchè abbia la metà dei miei anni, entra nell’albergo con il fiatone di Bartali sul Tourmalet, costretto da De Gasperi e Togliatti a spingere sui pedali per salvare il paese dal disastro. E’ fatta al 90% di gambe. Il problema è che è alta quanto il trolley che spinge. Che deve avere un peso approssimativo di 3 tonnellate.

Ed anche lei, come peso, dobbiamo essere su quella cifra. Tanto per farvi capire le proporzioni.

Finally i’m here!” Urla in inglese con accento castigliano. Poi si stravacca sul divano della hall, lasciando il trolley nel mezzo, ed esprime il suo spassionato parere su di noi, condiviso con tanti fiorentini ed il 90% del resto della penisola:

I hate this city”

Non sono adorabili? Non vorreste lanciargli una Kamehameha, quando fanno così?

Non mi va di discutere con costei dei problemi che emergono nel viaggiare. Uno dovrebbe tenerli in conto. Ci sono, e tanti. Ne ho patiti anche io, ma il punto focale, lo zenit del viaggio disastrato, la mia piccola odissea personale, fu il trovarmi in pieno buio fuori dall’aeroporto di Dublino: l’ultimo volo atterrato, l’ultimo bagaglio sul nastro trasportatore, l’ultimo ad uscire dall’aeroporto, con una grassone cinquantenne con capelli rossi ed un pancione premaman plurigemellare che non aspettava altro che mi levassi dai tre passi per chiudere il bandone ed andarsi a scolare una ventina di quelle straca**o di guinness, good for him e maledettamente bad for me. Una volta fuori, bandone che si abbassa, luci alle mie spalle che si spengono e, davanti ai miei occhi, un megaparcheggio completamente vuoto, fermate bus e taxi comprese, ed a malapena illuminato da pallidissimi lampioni. Oltre, il verde smeraldo della splendida campagna irlandese: totalmente invisibile perchè immersa nel buio della notte. Che è ottimo se sei con una bella ragazza, ma non serve ad un ca**o se hai sulle spalle un megazaino di 3 quintali.

Ma me l’ero cercata. Me la sono suonata e cantata da solo. Mi sono rimboccato le maniche e, come direbbe Gunny: improvvisare, adattarsi e raggiungere lo scopo. Sono sopravvissuto, sono ancora qui. Tornato con un amore sconfinato per l'Irlanda, a cui non ho mai dato colpe alcune. A parte bus e taxi, ovviamente.

La sorella gemella di Brontolo invece no. Viaggia con un mega trolley e si lamenta delle difficoltà del caso. Se la prende con la città che aveva deciso di visitare. Scommetto che se si trovasse a movimentare quel trolley tra le macerie di Kobane, davanti ad un curdo armato fino ai denti che quelle rovine le ha strenuamente difese, non direbbe “i hate this city”.

Ma io, per mia grande, enorme e sfacciata fortuna, sono l’opposto di un guerrigliero dotato di ak-47. Sono un impiegato in giacca e cravatta, con il dovere di trattare tutti i clienti allo stesso modo: con garbo e gentilezza. E’ entrata esclamando “finally i’m here” quindi presumo che fossimo proprio noi, l’albergo che ha prenotato per la vacanza a Firenze. Ok, vediamo chi è costei, in che modo ha prenotato, quanti notti sta, eccetera eccetera. Così se ne sale in camera e magari, dico magari, si tranquillizza.

Invece, quando la tipa decide di alzare le sue chiappone dal divano e venire al bancone, se ne viene fuori con questa splendida frase:

I need a room”.

Io mi sto chiedendo ancora oggi, a distanza di quasi un mese, perché mai avesse detto “finally i’m here”, e perché abbia eletto questo albergo a luogo deputato per le sue follie. Con tutte le strutture ricettive che ci sono da SMN a qui, lei ha deciso che questo era il luogo, il posto. Questo e nessun altro.

Li attiro come i salmoni con gli orsi.

Una camera ce l'ho. L'ultima. Non una singola, ma una doppia, e come tale in vendita, che ci siano una o due persone. La informo sul prezzo e, sorprendentemente, le va bene. E non è un prezzuccio. Ma prima chiede di vedere la camera. E' giusto, è sempre bene visionare il prodotto, prima di acquistarlo. Perciò chiamo Turbo Matteo e lo mando su con lei a visionare la stanza.

Poteva andar bene? Ovviamente, no.

Scende dopo pochi minuti che è “horrible”. Oscura, buia, non c'è neanche la finestra.

Mah. Veramente la finestra c'è.

Where?”

Ma come “where?” Dietro la tenda. C'è un bel tendaggio, a coprire la finestra. Anche Matteo ribatte il concetto. Era proprio di fronte all'ingresso, bastava avanzare e scostarla. La tipa non ha fatto neanche due passi all'interno che è voluta venire via subito.

Alza le spalle; evidentemente, di scostare una tenda, non le interessa. Mi chiede se abbiamo una camera più luminosa.

Ora, avrei potuto sbattermi un po' e vedere cosa potevo combinare, ma certi atteggiamenti mi scompongono. Mi tocca mettermi a fare il tetris nelle camere in assegnazione, spostando gli arrivi del giorno e riassegnando il tutto. Operazione niente affatto semplice. Camere al quarto e quinto piano sono fuori discussione. Sono prenotate. C'è chi chiede quel piano per avere la terrazza e la vista. E comunque la tenda c'è anche lì. Potrei trovarle una al primo piano, ma dà sulla strada, ed ovviamente, lei se ne viene subito fuori che la vuole “quiet”: tranquilla.

Più tranquilla di quella che le ho fatto vedere, peraltro, non ne ho.

So, you don't have a room for me?”

Questa è veramente la frase che indispone il portiere. Ma chi sei? Ma chi ti conosce? Arrivi qui in un pomeriggio inoltrato, ti lamenti di problemi che ti sei creata da sola e non avresti avuto se fossi rimasta a casa tua ed ora pretendi anche che, le 17 passate, in una delle città più visitate del globo, periodo super affollato, pieno di gente che attraversa il pianeta per visitarci, che brama, finalmente, di godere dell'agognata vacanza fiorentina, tu dicevo, solo e soltanto tu, pretendi di trovare, nel primo albergo in cui entri, la camera perfetta? Ma sei in vacanza. Rilassati, che non sei sola al mondo. Non è che ho una camera per te. Ho una camera, punto. Te la fai andar bene, se vuoi dormire.

We did our job: we sold all the rooms. This is the only available today” e le mostro la chiave. Espressione sempre più scocciata. Diciamo pure sull'incazzato andante con brio.

I suggest you to see the room again, it's a very qu...”

Who is him?” ed indica in alto, sopra di me.

Se c'è una cosa che non sopporto, è quando mi interrompono nelle spiegazioni. E' chiaro che non le interessano; ha deciso che non vuole sentire altre ragioni all'infuori della sua, e mi salta di palo in frasca. Come direbbe Winny the Pooh: oh, rabbia.

Sopra al ricevimento abbiamo un piccolo busto del Divin Poeta che, sguardo accigliato e severo, veglia ed osserva. Mira sdegnato l'immane casino.

Provo a spiegarglielo. Tento di dirgli che, ben 700 anni fa, questo mio concittadino scrisse a proposito di un mistico viaggio attraverso l'Inferno, Purgatorio e Paradiso. “have you ever heard about him?”

I'm so tired i don't know even my name. I don't want to stay here any more. Where is the station?”

Un paio di secondi della durata approssimativa di due secoli: basito, bocca aperta come un pesce appena pescato. Poi mi limito ad indicare con il dito la direzione. Lei si appoggia al trolley neanche fosse una schiava intenta a spingere una delle pietre della piramide, e se ne esce con la stessa espressione di un tifoso di colei-che-non-deve-essere-nominata dopo il 4-2.


La sua destinazione mi rimarrà sconosciuta (e, detto tra noi, non me ne può fregare di meno), ma il sottoscritto, Matteo, un busto di pietra con nasone ed una stanza “senza finestra” è tutto quello che ricorderà di Firenze. Oltre alla parte più bella secondo Andy Warhol. Duemila anni di storia buttati nel cesso.


Firenze, 2015, Hotel “ma che ci sei venuta a fa”


ps. un'ora dopo, camera rivenduta (ed albergo al completo) a coppia argentina. L'hanno visionata e gli'è garbata subito un monte perchè “muy tranquila”. E pure con la vasca. E poiché si sono orgogliosamente presentati come di Rosario, me ne sono uscito con un “Batistuta, Batistuta!” con accento argentino (ormai mi risulta più facile che con altri dialetti italiani). Suscitando ulteriori simpatie.


Poi sono stati mezz'ora con i gomiti appoggiati al bancone a digitare su what'up, con una serie di bip-bip a tutto volume e qualche risata sguaiata di tanto in tanto, e vabbè, ma per lo meno dopo sono usciti a cena e per fare un giro, e quando sono tornati, poco prima che staccassi, mi hanno fatto “Que ciudad increible, que tienen. Muuuuy hermosa. Muuuy linda”.


E mi ha salvato la giornata.


pps. Tutto sommato, è stata un'ottima settimana. In effetti, lo è quasi sempre, quando non si hanno i turni di notte. Ci si sveglia per accompagnare le bimbe a scuola, e si torna a casa trovando sul tavolo una lista di 3 chilometri di cose da fare (Stira! Fai la spesa! Pulisci i pavimenti! Non far entrare in casa nessuna donna all'infuori di mia madre o mia suocera!) che diventa immancabilmente una pallina con cui giocare ad imitare Borja Valero in salotto (non fatelo. Ripeto: non fatelo. A meno che, come me, non sappiate nascondere adeguatamente i danni). Il risultato è stata una settimana di scrittura, lettura, cazzeggio vario, concerto di Joe Satriani (tanta roba!) e sono pure primo in classifica, che è sempre cosa buona e giusta. E la settimana prossima, altro concerto e probabile ritorno a giocare a World in Flames.


E' meglio non ci prenda troppo gusto....


ppps. Salutate la capolista :p


pppps. Non succede. Ma se succede....



lunedì 5 ottobre 2015




Piccola deviazione sulle storie dell'albergo:

Ci sono molti motivi per cui a chi lavora (o gestisce) in alberghi, ristoranti, negozi vari ed altro ancora, sta altamente sul gozzo quel pessimo sito definito amichevolmente “trippa”.

Ad esempio, che le recensioni sono fatte da utenti totalmente sconosciuti. Un insieme di numeri e/o lettere che, nel totale anonimato, possono permettersi di esprimere giudizi su luoghi e posti con un nome ben definito e riconoscibile. Il contrario, ovviamente, è totalmente negato (e spero si noti che “l'ovviamente” è sarcastico. Parecchio).

Oppure, che molte persone, clienti o potenziali, possano permettersi di venire a chiedere sconti od altre agevolazioni o servizi aggiuntivi in cambio di una recensione positiva. O, peggio ancora, minacciando una recensione negativa. Un ricattino, vero e proprio. Una volta lo dissi anche, ad un cliente “Ah, it's a bribe!” E questo si risentì. Ma io glielo dissi tranquillamente: è un ricatto, semplicemente, e non posso accettarlo. Smise di parlarmi. Effettivamente, smise di farlo per il resto del soggiorno. E visto il tipo che era, non mi dispiacque per niente. Diamine, se hai un problema me lo devi chiedere gentilmente, se vuoi che provi a risolverlo; non minacciando!

Od ancora, il fatto che ci siano addirittura persone che si permettono di dare recensioni senza neanche aver visitato un locale. Sul serio, ci sono recensioni del genere. Utenti che si permettono di dare un voto negativo su alberghi o ristoranti semplicemente perchè erano pieni, e quindi hanno dovuto dirgli di no. Perchè è un colpa essere pieno, e non avere una camera od un tavolo per il principino/la principessina (di sto ca**o).


Ma ci può essere di peggio. Sul serio.

Su trippa, oltre ai locali, si possono recensire luoghi e/o monumenti.

Si può dare un voto a posti come Ponte Vecchio e gli Uffizi, Il Chianti, San Marco a Venezia, il Colosseo, Neuschweinstein, la campagna irlandese, le spiagge del Portogallo, il Kinkakuji, L'Imperial War Museum... come se fosse possibile stilare una classifica generale su luoghi così. Una cosa ridicola.

Perchè il problema è che un'idea può essere potenzialmente anche buona, ma sono poi quelli che la mettono in pratica, ad essere totalmente inadeguati. Come dimostrano, appunto, parecchie recensioni su trippa. E' nata pure un gruppo fb apposito: “le perle dei pirla su tripadvisor”. E questa che vi posto, ed ho preso dal gruppo (complimenti a chi l'ha messo su) è veramente una pirlata fuori misura. E' un commento riguardante un monumento che a me, che pure sono fiorentino, piace moltissimo: il Pantheon di Roma.

Non credo ci sia molto da aggiungere.

Anzi, si, un vecchio motto:chi trippa, avvelena anche te, digli di smettere.





venerdì 2 ottobre 2015

Non ce la possiamo fare. Noi banconisti, o portieri, che dir si voglia, spesso e malvolentieri, non ce la possiamo proprio fare.

Tralasciamo il fatto che, dall'età, diresti che questi due, nel loro paese, non ci sono nati; ci sono arrivati migrando su una barca di legno traballante ed insicura dal nome poetico di “Mayflower”. Ed abbiano deciso di spostarsi a giro per l'Europa con la stessa quantità di bagaglio della IV armata.

Tralasciamo il fatto che a signora si lamenti che la camera non è pronta alle 9 del mattino. Alle 9 del mattino nella camera a te assegnata due ragazzi giovani stanno facendo quel che facevate tu e tuo marito un paio di secoli fa, quindi è meglio che ti rassegni a lasciare i bagagli ed attendere pazientemente, visto che il check-out è alle 12.

Tralasciamo il fatto che la signora se ne stia un'ora al bancone a chiedere informazioni a raffica continua. Noi dobbiamo lavorare, com'è che i clienti non capiscono che non ci possono sequestrare a loro uso e consumo? Noi diamo tutte le informazioni che chiedono, ma ci sono altre persone, da servire. Non siete soli al mondo, cari clienti.

Tralasciamo il fatto che la signora chieda di cambiare camera perchè non le piace, e poi ancora perchè in quella nuova ci si arriva facendo uno scalino ed il marito beccheggia a dritta e babordo con un bastone che doveva essere quello del capitano del Mayflower. E poi ancora perchè il bagno è piccolo. E poi ancora. E visiti 4 camere, prima di decidersi. Roba che uno preferirebbe avere in "casa" Scanzi ed il Volo.

Tralasciamo il fatto che lei cerchi in tutti i modi di trovare un tour per le 5 terre. Signora, le riferisce la banconista aka mia moglie, io provo, ma sono tutti già pieni, per partire domani. E poi è sicura che vuole andare laggiù? Certo, è bellissimo, sono posti meravigliosi, ma suo marito, con il bastone e l'andatura caracollante di chi sembra che stia per franare a terra da un momento all'altro, non ci sembra tanto indicato per muoversi in villaggi costruiti in tempi nei quali le leggi sulle barriere architettoniche erano totalmente sconosciute.

Tralasciamo il fatto che si trovi il tour, e la mattina alla partenza costoro scendano dalla camera tardissimo, con quelli del tour che chiamano inferociti in albergo che aspettano solo loro e tengono in ritardo tutto il pullman, prima che la signora, con le mani appoggiate al bancone per avere ulteriori informazioni inutili tipo "ma davvero questo palazzo ha 600 anni?" si decida finalmente a chiedere un taxi che li porti lì. E tralasciamo il fatto che si sia portata dietro la tazza del cappuccino e la lasci sul bancone, e che toccherà alla banconista prenderla e riportarla al luogo d'origine, cioè la sala colazioni.

Tralasciamo tutto questo ed altro ancora.

Il punto è che non si è mai preparati ad un lui che, seduto sul bracciolo di una poltrona della hall, con le braccia ciondoloni e senza vita, distrutto da una fatica atavica e con la pazienza ormai a defcon 1, costui, dicevo, al milionesimo gesto di lei che indica col ditino di seguirlo, decida che ne ha abbastanza di fare il cagnolino al guinzaglio e che quello, proprio quello e nessun altro in precedenza, è il momento della ribellione, di alzare la testa, di lottare per i suoi diritti, novello Che che combatte la dittatura, Von Stauffenberg che tradisce il fuhrer, Bruto che accoltella Cesare, ed attui il suo personale 18 Brumaio uscendosene con queste testuali, incredibili, pazzesche parole:

“Where are you fuckin' going?”

Ripeto: non ce la possiamo fare.