venerdì 1 aprile 2016

Con buona pace di Berlusconi e dei suoi accoliti, la televisione non potrà mai, per quanti pollici possa essere, neanche lontanamente competere. Mai.

Lo spettacolo dal vivo sarà sempre superiore a tutto. Niente può arrivare alla bellezza ed al brivido che regala il vedere, od ascoltare, un gesto, un discorso od un canto particolarmente ben fatto, che sia Leonor travestita da Fidelio, Paolo Rossi che recita dal palco del teatro, od una maglia Viola che esulta dopo aver segnato contro le forze del male. D'altra parte, per quanti papi o presidenti Usa possano andare a l'Avana, la gente ricorderà soprattutto Jagger & Co che cantano Jumping Jack Flash.

In un lavoro come quello che facciamo io e mia moglie, trovare il tempo e le possibilità di andare ad uno spettacolo, è evento raro. Occorre coordinarsi bene, non basta certo comprare i biglietti. Perchè in albergo si lavora sempre, e se si vuole uscire il sabato sera, si deve sperare di avere, se non il fine settimana libero, almeno il turno di sabato mattina. Auspicando che i boss ce li forniscano, i liberi, e soprattutto non si ammalino i colleghi. E trovare i nonni che ci aiutino a tenere le bambine, se non è qualcosa che può andar bene anche a loro.

Sabato 19, ad esempio, è stato uno di quei rari eventi. Fine settimana programmato da due mesi, biglietti comprati, con enorme e supremo sprezzo del pericolo, con altrettanto anticipo. Ma ce l'abbiamo fatta: tutti e quattro a Casalecchio di Reno ad ammirare i Jellicle Cats. Benchè abbia il dvd, e fosse la terza volta lo vedevo (la prima, manco a dirlo, a Londra), sentire Grizabella che urla il suo lamento sulle memorie di quando era giovane, dà brividi profondi, intensi, di quelli che restano dentro. E l'ho ancora nelle orecchie, quel grido.

Perciò mi risulta dura da mandare giù, il trovarmi di fronte alla notizia della morte di uno dei fiorentini teatrali più colti e noti di sempre.

Paolo Poli rappresenta, per me, la grande occasione mancata. Lo spettacolo che tanto bramavo di godere e che non ho mai visto. E sempre per colpa mia. Come quella volta, più di venti anni fa, che ero lì lì per comprare il biglietto quando scoprii, sul calendario dell'associazione sportiva, che la mia squadra di calcetto giocava, stessa sera stessa ora, un impegno di campionato. E poichè ero l'unico portiere, decisi di non andare a teatro e piuttosto, giocare a pallone. Piccolo, sciocco, insulso fiorentino ignorante, che si dedica alla solita misera arte pedatoria in un incontro di cui neanche ricorda il risultato e snobba uno spettacolo teatrale che ancora oggi, dopo vent'anni, avrebbe sicure rimembranze. Tutto perchè "Ma tanto è di Firenze, spettacoli ne fa tanti, vedrai ci andrò di sicuro". No. Carpe diem bischero, diceva la cricca dei poeti, ed avevano perfettamente ragione. In tv, per quanto incredibilmente divertente, non sarà mai lo stesso.

A Firenze non ricapiterà mai un attore di quel calibro. Ok, magari Benigni è colto come lo era lui, anche se pare limitato all'opera del Divin Poeta, e pure il Monni, con quell'aria a contadino della piana, non era così tardo. Ma l'impressione, percepita dal mio misero e banale punto di vista, è che a Firenze non si riesca ad andare oltre l'"icchè c'è?", od altre espressioni tipiche del nostro accento, e basti sparare "du 'azzate" e ridono tutti. Non è così, non può e non deve essere così. E invece, quando escono al cinema certi comici, fanno il tutto esaurito. Con mio sommo e clamoroso stupore.

Venti anni fa.

Ma non me lo levo dalla testa. Purtroppo.

Turno di notte. A quei tempi ero un notturno fisso, e non con l'orario attuale, il 23-7. Lavoravo in un albergo ove vigeva, e vige ancora, il 22-8. Fate la somma e troverete che sono 10 ore di lavoro. Ora, il problema non sono tanto le ore in sé. E' l'inizio dell'orario, il guaio. Un 23-7 significa che vai a lavorare quando la sera è nel pieno della vita, e ti senti parte della stessa, e torni alle 7 quando la città si sta svegliando, le strade sono vuote e l'alba ti ricorda che tra poco ti chiuderai nel guscio caldo delle lenzuola. Adoro entrambi i momenti.

Il 22-8 è devastante. Esci di casa che la gente non ha ancora finito di sparecchiare. Qualcuno, neanche di cenare. Pure te portiere non fai a tempo a finire la cena che non ti rilassi neanche 5 minuti: vestirsi e partire. E torni dal lavoro alla mattina ormai giorno pieno che le strade sono piene di auto, caos, persone in movimento, luce abbagliante, e ti senti un estraneo che va nella direzione sbagliata. L'unico vantaggio è che l'albergo è piccolo, quindi con meno persone che entrano ed escono, ed i divani permettono, seppur limitatamente, un certo sonnello. Poi in quegli anni vivevo ancora con i miei, e potevo permettermi di dormire fino a pomeriggio inoltrato. Tanto, a tutto il resto, pensava la mamma, la maggiore droga da cui dipendono i maschi italici.

Verso le 6 del mattino, seduto al banco a controllare conti, pratiche, prenotazioni o, quasi certamente, con la testa appoggiata nelle mani ed i gomiti sul tavolo a cercare un riposo impossibile, sento aprire la porta. Istintivamente, mi alzo in piedi e tento un disperato risveglio e concentrazione su quelli che presumo siano, se non un fornitore di prodotti delle colazioni, sicuri clienti. Invece no.

Entrano due tipi ridendo e sgomitando tra loro, in quello che pensano essere uno scherzo divertente e simpatico. Essi, lo pensano. Io, no.

Riconosco subito, in uno di loro, uno pseudo-attore nativo di queste parti, particolarmente esperto nelle battutine in dialetto indigeno, ma culturalmente imparagonabile al livello di Paolo Poli. Siamo veramente ad un grado infimo, pari a quello della temperatura dello spazio siderale: 0 gradi Kelvin. Lo zero assoluto.

Ammiccando tra loro, costui ed il suo amico arrivano al bancone e ci appoggiano i gomiti. In quello che pensano sia una grande battuta, foriera di gag e divertenti spunti comici:

-Ciao, senti.... io ed i'mi 'ompagno si vorrebbe stare un po' insieme, capisci. Che 'un tu c'hai miha 'na 'amera per noi, per "rilassarci"?-

Ma che a me fa entrare un discreto giramento di scatole. Ed il fatto che mi ricordi, dopo vent'anni, questa battuta, è indicativo di come era notevole, quel giramento.

-No, non ce l'ho, la camera, siamo al completo, mi spiace- Mi azzardo a dire, in un impulso di pseudo professionismo. Ma lui insiste, e ribatte qualcosa che aveva a che fare sul mio non essere omofobo, ed una camera gliela potevo affittare a lui ed il suo compagno... il quale ridacchia senza riuscire ad essere abbastanza serio da portare avanti lo scherzo. Ed a quel punto, glielo dissi chiaramente:

-Beato te, davvero, che ti puoi permettere di fare le 6 del mattino a giro per Firenze e poi entrare nel primo posto che trovi a fare le battute. Io non posso, e non vedo l'ora che arrivi la mia collega a darmi il cambio perchè sono stanco morto. Ci devo passare altre due ore qui dentro. Lasciami in pace per favore, ok?-

Lì, a questa mia reazione, ci rimane male, ed anche l'amico smette di ridere. Lo scherzo non è riuscito, il portiere non ha voglia di fare il simpatico; mi manda una sua frecciatina:

-E vabbè, si faceva per scherzare, e ridici un po'!-

-Lo so, hai ragione, dovrei ridere di più, ma a quest'ora 'un mi riesce. Cerca di 'apirmi, so' stanco e mi gira 'oglioni, ciao-

-Vabbè, ciao. Andiamo va- E fanno per uscire.

Ed in quel momento, mentre sono entrambi sull'uscio dell'albergo, dalla porta della caffetteria si affaccia l'addetta alle colazioni, intenta a portare materiale da appoggiare sul buffet, e riconosce subito il tipo. E lei, chiaramente, se ne esce con la faccia sorpresa:

-No! Ma... quello 'unn'è i Ceccherini?-

E sul portone aperto, lui si volta col sorrisetto malizioso, contento e felice di essere stato riconosciuto, e si gode il momento mattutino di vanità e vanagloria. Poi, finalmente, chiude e se ne va.

La ragazza si avvicina e mi fa:

-Icchè t'ha detto, dimmi dimmi!-

-Ma niente.... voleva fare i'simpatico, ma stamani 'unnè proprio aria- E gli spiego del suo tentativo di fare il giullare, lui e l'amico.

-Ma lui voleva solo scherzare! E l'hai liquidato così?-

-Non l'ho mandato affanculo, dovrebbe apprezzarlo-

Al che pure lei mi rimprovera il mio fare l'orso scorbutico. Ma in quel momento, l'unica cosa a cui pensavo era che volevo tornare a casa a dormire profondamente.

E vorrei vedere un qualsiasi altri bipede, al mio posto.

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