venerdì 22 aprile 2016

Sono di Firenze. Non posso negare la mia natura, il mio essere, il mio spropositato orgoglio. Sono fatto così. Accettatemi come tale. No, non in senso letterale, grazie.

Il mio ex direttore scrisse sulla pratica di una prenotazione, in proposito: gobbo, dare camera brutta.

Come dice Steven King: a volte ritornano.

 

 

Essere tutti e 4 assieme, la sera a casa nostra, è un evento raro, se non unico. Difficile avvenga per cena. Praticamente mai a pranzo, neanche nei fine settimana. Perchè tra scuola e lavoro, almeno uno o due elementi sono assenti.

-Papà, perchè parlano di questo Baggio? E' morto?-

Mia figlia grande ha il terrore delle persone che parlano in tv. Teme che si tratti di un coccodrillo, come gli ho insegnato si chiama il servizio, o colonna del giornale, che parla delle persone morte.

Disteso sul divano accanto a lei, con un buon libro sulle ginocchia ed un bicchiere di Porto in mano, giro la testa e le rivolgo lo sguardo assassino.

-Smetti di chiamarmi papà. Siamo di Firenze, perciò impara i termini del mondo civilizzato: babbo. Io sono il babbo. Qualsiasi altro termine o parola conduce fuori da quella porta, considerati avvertita-

-Ma certo papà- e ride di gusto. Ragazzaccia -Ma non è morto, vero?-

-No, è vivo. E' solo il suo compleanno- Interviene la mia signora -Il tuo babbo l'ha anche visto giocare, è stato uno dei più forti-

-Davvero?-

-Finchè era a Firenze, si. Poi ha cambiato squadra, ed ha sbagliato un rigore nel '94. Tiè!-

-Ma dai, Marce!-

-Ma perchè? Ditemi, sono curiosa-

-Vedi Cami, il babbo non è contento perchè questo Baggio andò a giocare in un'altra squadra-

-Ah, la j...-

-Silenzio! Non pronunciare quel nome. In questa casa è verboten. Proibito come l'alcool durante il proibizionismo. Anche quella lettera assume connotati altamente negativi. Ti permetto solo di pronunciarla nella versione spagnola, la Jota, o quella yankee, la "Gei"-

-Senti babbo, ti piacerebbe andare a vedere una partita di calcio?-

-Mi piacerebbero tante cose, Cami, ma noi lavoriamo il fine settimana. Quando posso, preferisco stare con voi e la mamma-

-E giocare con i tuoi amici-

-Ecco, brava: una volta a settimana, preferisco quello. Mercoledì scorso abbiamo giocato a Zhanguo, un giocone sulla Cina pre imperiale dove...-

-E sei arrivato ultimo!- All'unisono. Tutte e tre. Stronzette.

-Voi volete proprio finire fuori di casa, eh!-

-No, sono io che ti rimando da tua madre- Quella meraviglia di mia moglie conosce fin troppo bene i miei punti deboli. Per quanto mia madre sia la migliore cuoca del mondo (è vero. Non perchè è mia madre. E' un dato di fatto) l'idea di tornare a vivere con lei e le sue premure mi fa tremare i polsi "Bevi lo yogurtino, ti fa bene" "Non mi piace!" "Bevilo lo stesso. Ed anche un bel bicchiere d'acqua" "Me ne hai dati due pochi minuti fa, tra poco mi spuntano le branchie" "Bevilo lo stesso, ti fa bene".

Tocca sopportare queste 3 donne.

-Ma se ti capita una domenica libera, mi porti allo stadio?-

Non sono tanto convinto che a mia figlia possa piacere il calcio. La Sara insiste affinchè ce la porti perchè per la sua bambina (11 anni e 150 cm) è importante provare cose nuove, ma io rimango convinto che si annoierebbe a morte. Poi vorrei evitare quel che accadde a mio suocero e suo figlio. Nella famiglia di mia moglie è un aneddoto celebre: mio suocero, quando il fratello della Sara aveva più o meno l'età della Camilla oggi, decise di portarlo allo stadio, a vedere una partita. Poichè pensava che a Firenze potessero esserci problemi a causa dell'animosità della tifoseria locale con praticamente qualsiasi altra tifoseria italana, decise di portarlo al Melani (lo stadio di Pistoia) a vedere "l'Olandesina", come viene affettuosamente chiamata la Pistoiese per il color arancione della maglia, come quello della nazionale olandese. Pensava, forse neanche a torto, che una partita di serie C sarebbe stata molto più tranquilla di una di A.

Il problema è che mio suocero capitò al Melani quando si giocava Pistoiese-Prato.

In confronto, le partite tra noi Viola e coloro-che-non-possono-essere-nominati sono riunioni tra mature carampane inglesi in procinto di mangiare tè e pasticcini, e sparlare alle spalle di Lady Chatterly.

Terrorizzato da cariche di celerini presenti nei dintorni dello stadio in quantità industriali, quello che sarebbe diventato mio cognato sviluppò un discreto disinteresse per il calcio. Cosa che, in fondo, non è poi tanto sbagliata, se uno pensa alle delusioni che si provano a tifare una squadra come questa.

Ad ogni modo, a fine serata e prima di mettersi a nanna, concordammo con le ragazze che, prima o poi, l'avremmo portate a vedere uno spettacolo sportivo dal vivo. Anche se non molto volentieri da parte mia, perchè se si è tutti e 4 liberi si preferisce di gran lunga fare una gita all'aperto.

Per il calcio invece, da quando lavoro in albergo, ho definitivamente perso ogni speranza di tornare a vedere una partita di calcio al Franchi, e sventolare la mia sciarpa Viola, ormai sepolta in qualche oscuro angolo dell'armadio, sotto una caterva di indumenti da calcio che non userò mai più per raggiunti limiti di età.

A parte tutto questo, comunque, il calcio di serie A influenza anche noi portieri d'albergo. Molti clienti comprano pacchetti che includono volo, hotel e partita della Fiorentina (i biglietti glieli recapitano direttamente alla reception). Proprio l'altro giorno avevo una coppia di americani che avevano scelto questa opzione perchè volevano una cosa diversa degli incontri dei Pittsburgh Steelers, e chiedevano il colore della nostra squadra di calcio (Purple! Beautiful, wonderful, fantastic purple!). Ma capitano anche turisti che girano, tranquillamente, così, nel centro di Firenze, come se fosse la cosa più normale del mondo, con sciarpe e maglie di ben altri colori. Con una certa predilezione per la maglia der "pupone", come lo chiamano a Roma, ma anche quella bruttissima di quel tipo che fa la pubblicità con l'uccellino (Neanche a Mad Man avrebbero creato una roba così orrenda).

Ma tant'è, sono turisti. Se mettono sandalo e calzino, si trascurano certi pessimi abbinamenti cromatici.

L'estate scorsa, come dicevo all'inizio, è tornato. Non è un cognome comune, visto che sono quasi tutti Garcia o Sanchez.

Lo so che in spagnolo, la J si pronuncia in maniera diversa, e decisamente migliore, che in italiano. Ho studiato abbastanza questa lingua per rendermene conto.

Ma rimane il fatto che, quando scaricai la prenotazione dal sistema, manca poco mi viene un colpo.

Lo so che tra i lettori di questo blog ci siete anche voi tifosi di colei-che-non-deve-essere-nominata. Ho amici pure qui, a Firenze. Sono visti un pò come traditori della patria (tifare quella squadra, a Firenze, è come apprezzare gli AC/DC quando ci canta Axl Rose) ma sono comunque amici, ragazzi con cui ho giocato assieme a calcio, al pc o giochi da tavolo, od andavamo a vedere la Pallacanestro Firenze quando era in A1 (che bello, quando c'era il mitico J.J. Anderson), o ad abbuffarci in trattoria. Più spesso, e volentieri, quest'ultima attività.

Però lo ammmetto: quando ho stampato la prenotazione, esattamente come fece più di 10 anni fa il mio ex direttore, ora in meritata pensione, pure io l'ho scritto sopra:

gobbo, dare camera brutta.

 

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