lunedì 1 agosto 2016

La nostra idea di vacanza familiare è molto semplice:

campeggio a due passi dalla spiaggia

bungalow con tutti i confort, o quasi ("Sciocco uomo che vive in questa famiglia, cosa credi di stare facendo?" "Beh, avendo appena pranzato, mi appresterei a riprendere la mia lettura quotidiana, visto che sono solo a pagina 257 di un libro di 850 e..." "Inutile essere maschile! Pallida figura di bipede di sesso sbagliato! Tu osi dimenticarti dei tuoi sacri doveri verso la tua signora e padrona?" "Immagino tu non intenda doveri coniugali, visto che le bambine sono di là che giocano" "Ovvio che no, banale esempio di lapalissiano. Ci sono due cose fondamentali da fare: primo, il caffè per me, cosa di importanza unica. Vitale, oserei dire. Vitale per te, chiaro. Poi, rigovernare. Questa non è casa nostra, dove conviviamo con una lavastoviglie! Raus, los los!")

Ok, non divaghiamo

Che altro? Ah, si:

ristorante con doppio menù (carne e pesce) ad un prezzo che, nei locali del lato tirrenico della penisola, sarebbe a malapena sufficiente per il coperto

ma soprattutto, animazione discreta. Molto discreta.

Uno dei motivi per cui, ormai da un decennio, preferiamo questo luogo, non è solo per la posizione (tra il campeggio e la spiaggia c'è solo la pista ciclabile, non ci sono strade e pericolose auto, che a queste latitudini guardano ancora meno ai pedoni -e già a Firenze sono bestie ignoranti, meglio non dica altro-), ma proprio perchè l'animazione è più semplice e meno "urlata" che non nella struttura a fianco, dove già alle 9 del mattino un altoparlante spara, a tutta forza, un buongiorno seguito da qualcosa che assomiglia a "il lavoro rende liberi!", dopo di che una massa informe di bipedi si ritrova sul bagnasciuga e viene messa alla ginnastica forzata, e per 2 ore si sfiancano di fatiche ataviche e distruttive

Una banda di matti

Una roba che pativano solo gli antichi egizi mentre edificavano imponenti strutture funerarie. Probabilmente anche ai tempi dei faraoni c'erano gli altoparlanti che sparavano Alvaro Soler od altro pop latino a tutto volume.

Qui invece non è così. I 3 animatori qui presenti mettono un po' di musica e fanno giocare i bambini soprattutto la sera con la mitica baby dance, che permette a noi genitori di rilassarsi e godersi un gelato mentre i piccoli saltellano sulle note delle banali canzoncine dello zecchino d'oro. Basta. Tutto qui.

Cioè, poveretti, loro ci provano anche, a coinvolgere i grandi a fare qualche attività giornaliera sulla spiaggia che non sia solo la costruzione di castelli di sabbia, ma io e mia moglie, da quell'orecchio, proprio non ci sentiamo.

Relax assoluto, fancazzismo uber alles. 'un ti ci provare neanche, a chiedermi il risveglio muscolare. Non ti passi nemmeno per l'anticamera del cervello di avvicinarti al lettino a chiedermi di non godere di quel che dovrebbe essere lo scopo vero ed ultimo dell'uomo, cioè far passare il tempo senza fare una beata...un bel niente. In quelle due settimane che abbiamo di ferie i muscoli sono in letargo, dormienti assoluti, out of order, ed i giorni li passiamo, appunto, inchiodati sui lettini, io con tomi di 850 pagine sulla guerra mondiale (od in subordine, Bill Bryson. Oppure il regolamento di World in Flames, che sono solo un'ottantina), mia moglie alle prese con il Bartezzaghi & soci.

La prima sera del nostro arrivo, mentre ci godevamo un po' di frescura serale al bar del campeggio, si avvicina uno di questi ragazzi:

-Ciao, io mi chiamo Christian-

-Ciao Christian, io sono Marcello-

-Di dove sei, Marcè?-

Premesso che il ragazzo era simpatico di suo, io non sono il musone scontroso che mette subito muri su chi si avvicina ed attacca bottone. Lui fa il suo mestiere, è giusto abbia un riconoscimento. E poi mi dà del tu. Il che non mi capita spesso, con chi ha quasi 30 anni meno di me.

Però mostra subito ingenuità.

Perchè indosso, oltre ai soliti pantaloncini e sandali color kaki (senza calzini, tengo a precisare, non essendo teutonico), la maglietta dei Sanfrecce Hiroshima. Vincitori dell'ultima J-League e dal colore sociale così splendido, meraviglioso, fantasmagorico

il Viola.

Non posso, a quella banalissima e futile domanda, non agitare il colletto di quella maglietta acquistata anni ed anni orsono in Giappone e dirgli, con un certo tono di rimprovero ma anche sorridendo:

-Guarda il colore. Guarda il colore!-

Ha assunto un'espressione che recitava "che me tocca fa pe' campà". Ma poi abbiamo parlato un po' del calciomercato delle nostre squadre (è milanista), arrivando alla conclusione che, per entrambi, anche quest'anno si vince l'anno prossimo.

E' stata una vacanza rilassante, il che va sempre bene. Ed a parte le figlie che, avendo appreso l'arte dell'immersione, si prendono gioco del babbo (la cui capacità natatoria è pari a quella di un blocco di granito), gli unici altri momenti da ricordare sono stati:

1- Desirée, bionda da filmografia bondiana capace di far ruotare una dozzina di hula-hoop in svariate parti del corpo, e che aveva il magico potere di far tenere, per tutta la durata dello spettacolino, gli occhi fissi su di lei. Sia da parte dei piccoli (per come faceva girare i cerchi) che dei grandi (per come faceva girare.... ehm... parti del corpo), in particolare il sottoscritto e Luca, amico che vive a queste latitudini. A fine dello show, Virginia, moglie di Luca, rideva dell'espressione che avevamo noi due, espressione comune a tutti i maschi italiani alla vista di parti rotonde, sia quando sono attaccate a corpi femminili o quando sono calciati da piedi maschili. Virginia, appunto, rideva di noi.

Mia moglie, invece, non rideva affatto. E non dico altro.

2-Christian che, in pieno pomeriggio, mi fa "Tu sei proprio di Firenze: intellettuale sempre a leggere!" Che vi potrà sembrare banale, ma per uno come me, che non sopporta PIeraccioni e Ceccherini, ha fatto enormemente piacere. Ha fatto godere a palla.

3-La sagra del tartufo di Campovalano, presenti noi ed amici di Verona che frequentano lo stesso campeggio ogni anno. Arrivati alle 10 di sera di un giorno feriale, troviamo una fila che faceva impallidire quella degli Uffizi, o dell'inps quando erogano le pensioni. Proviamo a chiedere alla ragazza della cassa quanto ci vorrà, prima di avere i piatti e mettersi a sedere.

-Poco! 10 minuti, al massimo un quarto d'ora!-

40 minuti. Quaranta minuti di attesa prima di arrivare al bancone, e di badare che ragazzetti del posto più tatuati di un maori cerchino di saltare la fila (e con me, ci riescono benissimo tutti). Ad un certo punto, proprio davanti alla cassa, si pianta, con una decellerazione da 100 a 0 m/s, un pullmann che sembra arrivato direttamente dagli anni '60, e da cui si riversa una massa gigantesca di persone; una quantità che a mio parere riempirebbe tutta la Fiesole. Sopra, il nome di un circolo ricreativo di Teramo.

Una signora, dietro di me, guarda esterefatta quella fiumana di gente che si appresta a fare anch'essa la fila per mangiare e rivolta al marito dice:

-Pure con il pullmann da Teramo, vengono-

Mi guardano, accortisi che anche io ho lo sguardo fisso sul bus. Con la mia classica, solita ed immutabile bocca aperta. Poi mi riprendo:

-Oh, beh, se è per questo, c'è pure chi viene da Firenze- Ed indico il sottoscritto. Ridono. Al che, insisto:

-Ed a questo punto, non mi stupirei se arrivasse pure un pullmann da Dusseldorf-

E poi mi volto in avanti perchè qualcuno sta cercando di saltarmi nella fila, mentre i signori dietro di me ridono ed affermano che come si mangia da loro in Abruzzo, non si mangia da altre parti, visto che ci vengono da questi posti del nord.

Ed anche se, da bravo toscano, posso avanzare parecchie obiezioni, devo ammettere che si, ci si mangia dimorto bene.

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