lunedì 5 marzo 2018


Tu sei una cameriera ai piani.

Hai il dovere di pulire, riassettare, spolverare, insomma tutto il cucuzzaro, le camere d'albergo. E' un compito importante e delicato, non è un lavoro da "se non ti va bene tanto fuori c'è la fila". Le pulizie occorre saperle fare. Si vede subito se delle lenzuola sono state messe da chi sa come si rifà un letto o meno. Se un bagno è lindo e sterilizzato a dovere. E' un lavoro duro e faticoso, e mai abbastanza valorizzato. Ma questo è un altro discorso.

Tu, dicevo, se una cameriera. Hai un pass e, davanti a te, la porta di una camera "in partenza". I clienti, li hai visti con la coda dell'occhio mentre eri in un'altra camera, sono usciti portandosi dietro i trolley. Quindi ora la "stonza", come diceva un epico personaggio cinematografico, è libera. Infili il pass nella toppa, giri, spingi, entri.

Senti un rumore. Una specie di piccolo "bzzz", come un cellulare in vibrazione su un ripiano di legno. Ma è un rumore continuo, senza interruzioni.

Ti avvicini a uno dei comodini di fianco al letto. Il rumore proviene da lì dentro. Non sarebbe la prima volta che i clienti lasciano oggetti nelle camere. Non sarebbe la prima volta che chiami al ricevimento per descrivere ciò che hai trovato, affinchè l'oggetto venga "registrato" in un apposito quaderno con tanto di data e giorno del ritrovamento. Non sarebbe la prima volta che riponi tali oggetti in un sacchetto e chiami il facchino affinchè lo porti in "deposito". Un luogo apposito per riporvi tali oggetti. In paziente attesa che il proprietario lo reclami. O del cassonetto.

Ma è la prima volta che un oggetto dà questo rumore.

Un pò titubante, apri il cassetto.

Voli, letteralmente, all'esterno. Afferri, dal carrello portabiancheria, un guanto in lattice. Lo indossi. Ne indossi un altro. Forse è meglio un terzo ancora, Pasteur approverebbe. Poi prendi un sacchetto di plastica. Torni dentro e, cautamente, con la punta delle dita, mentre nella tua testa circola furiosa la parola "schifo!", prendi l'oggetto rumoreggiante e ce lo infili. E tenendo il sacchetto per un lembo della grandezza di un micron, voli giù al ricevimento.

Dissolvenza. Stacco. Nuova prospettiva.

Sei un'addetta al ricevimento. O portineria. O reception, come la vogliamo chiamare.

Hai la responsabilità degli arrivi. Delle partenze. Delle prenotazioni. Di parlare con i clienti e dargli le informazioni sulla visita della città. Di rispondere alle mail, di aprire e chiudere disponibilità, insomma tutto il cucuzzaro. Un lavoro di responsabilità che ha comportato un discreto studio del mondo alberghiero, sospesi, ricevute e fatture, lingue straniere.

Hai un momento di pausa. Uno stacco tra clienti in partenza e quelli in arrivo. Tra telefonate varie. Uno di quegli istanti di pace, così rari in un albergo al centro di una storica città rinascimentale, dove è un continuo via vai di clienti e chiamate.

Invece no. Ti appare, trafelata e sconvolta, una delle cameriere. Nel suo strano accento italo-balcanico, strilla isterica che ha trovato questo oggetto. Ti smolla, lì sul bancone, un sacchetto. Poi fugge, inorridita.

E il sacchetto sta vibrando.

Corri in caffetteria. Afferri un guanto in lattice. Lo indossi. Ne indossi un altro. Forse è meglio un terzo ancora, Pasteur approverebbe. Torni al bancone e, cautamente, con la punta delle dita, mentre nella tua testa eccheggiano furiosamente termini inenarrabili verso le cameriere balcaniche che pure quelli di caccapound direbbero "Dai, basta con questo razzismo gratuito", riesci a spegnere l'oggetto. Poi, tenendo il sacchetto all'estremita per un lembo delle dimensioni di un micron, lo voli giù in terra, sotto al bancone.

Poi, fai partire la risata irrefrenabile. E molto, molto malvagia.

Stacco, dissolvenza, nuova prospettiva.

Siete due clienti. Provenite da una nazioncina del nord Europa nota per città medioevali, istituzioni europee, invasioni dell'esercito tedesco. Siete in vacanza nella culla del Rinascimento, in visita ai musei, le statue, i dipinti, affreschi e cattedrale, insomma tutto il cucuzzaro.

Un'affiatata coppia di mezza età, con il vostro amore sincero e appassionato, ma anche le vostre piccole perversioni. I vostri personalissimi e segreti piaceri. Cose che condividete solo tra voi. O chi ritenete voi. Qual che vi pare. Non sono affari di nessun altro, in fondo.

Almeno fino a che non tornate all'albergo fiorentino che vi ha ospitato. Da cui avete fatto, qualche ora prima, il check-out. E dove avete lasciato i bagagli per un ulteriore giro di Firenze. Bagagli che, siete convinti, contengono il vostro personalissimo contenuto. E d'altra parte le valigie sono chiuse a chiave.

Vi accoglie, sorridente come sempre durante quel piacevole soggiorno fiorentino, la banconista del check-out. Una persona piacevole, dall'aspetto sereno, dolce, sincero.

Ma stavolta, con un sorriso un pò strano. Diverso. Quasi perfido.

E capite subito il motivo.

Perchè avete lasciato, e ve ne accorgete istantaneamente e contemporaneamente, come se le vostre menti fossero una sola, un vostro personalissimo oggetto in camera. Non l'avevate chiuso in valigia. Non l'avevate ficcato tra maglie e pantaloni. Era rimasto lì, nel comodino accanto al letto, dopo che lo avevate usato. Ed era stato trovato dal personale dell'albergo. E ora, quella banconista così gentile, vi ricorda del ritrovamento.

Balzate, come un sol uomo, nel deposito bagagli. Afferrate furosamente le vostre valigie e, letteralmente, scappate. Mentre quella banconista, con la risata sardonica di una Regan MacNeil posseduta dal demone Pazuzu, vi rincorre fino alla soglia dell'albergo sventolando un sacchetto contente il vostro oggetto. Invitandovi a riprendervelo.

Cosa che non farete mai.
 

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